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20161117 VM Marcia nella valle dellIsonzoE’ il sottotitolo dell’incontro promosso da ANDE (Associazione Nazionale Donne Elettrici) avente come relatore lo storico Sergio Tazzer. L’incontro tenutosi il 17 novembre nella sala verde di Palazzo Rinaldi (Treviso) è stato un’indigestione d’informazioni, tutte mirabilmente documentate da una splendida sequela di foto storiche dove il riassunto di quanto detto può essere “l’invasione da parte dell’esercito austro ungarico e tedesco nel territorio italiano dopo la disfatta di Caporetto è stata una devastazione di stile medioevale”. Non sono queste le parole usate dallo storico, ma così mi sento di riassumere l’immensa mole di dati, dettagli e notizie fornite, provenienti da differenti comuni friulani e veneti occupati dagli stranieri.

In particolare a subire violenza non solo psicologica, ma anche fisica (le testimonianze di stupri sono riscontrate da più fonti in differenti comuni) furono le donne, donne che spesso dovettero ingegnarsi per garantire la sopravvivenza ai loro figli ed ai loro cari. Il richiamo al Medioevo è dettato non solo da queste situazioni che ricordano gli antichi eserciti mercenari, ma anche e soprattutto dal fatto che gli austriaci, affamati, trovarono nel saccheggio la sola possibilità di alimentarsi, facendo razzia di tutto quanto riuscirono ad accaparrare ai poveri abitanti del triveneto con il modus operandi abituale dell'antico passato. La fame fu una delle protagoniste della Grande Guerra, non solo per gli invasi (ovvero noi italiani, anche se, prima di Caporetto, avevamo ripetutamente tentato di entrare in territorio straniero, avendo, a detta di Cadorna, come obiettivo la stessa Vienna), ma lo fu anche per gli austriaci tanto che, secondo lo storico, la mancanza di approvvigionamenti alimentari fu una delle cause della sconfitta degli eserciti middleuropei. Quali, tra le tante informazioni incamerate, mi han particolarmente sorpreso?
Anzitutto scoprire che il Generale Cadorna, che per molti storici brillò per incompetenza, fu portato in palmo di mano dalla ricostruzione fascista, e per ciò a lui vennero dedicate piazze e vie in moltissime città. Un'altra informazione inattesa dallo scrivente è legata alle fonti di quanto accaduto: furono i parroci che rimasero a espletare la loro funzione nelle Chiese ad annotare, e poi a riferire, quanto accadde. Avevano inoltre le confidenze dei parrocchiani che in loro vedevano un punto di riferimento preciso, essendo spariti tutti gli altri. La terza scoperta interessante è legata ai "partigiani" spontaneamente generati tra i militari che nella ritirata si trovarono tagliati fuori dal resto dell'esercito. Costoro aiutati dalla popolazione civile, cercarono di contribuire alla causa del Re e dell’Italia, pur dopo aver vissuto la dura esperienza della guerra di trincea. L’ultimo aneddoto che mi ha colto impreparato è la testimonianza di una donna, legata ad uno di questi "partigiani" che come l’era stato promesso, sperava di venir prelevata dai camion per esser portata in territorio sicuro (siamo sempre in terra veneta mentre l’esercito austriaco sta avanzando). Lei e altri sui concittadini furono abbandonati alla mercé del nemico: gli autocarri furono utilizzati per trasferire i macchinari di una fabbrica di tessuti palesando come la logica del capitalista ebbe la meglio sulla vita dei cittadini. Quest'ultimo episodio, non vorrei passare per cinico, è quello che più mi ha ferito.
Alla fine tutta l’immensa sofferenza patita da militari e civili, le difficoltà, le malattie quali, la malaria, il tifo e la “spagnola”, favorite sempre dalla fame feroce, altro non era se non il risultato della volontà di poche persone che si riempivano la bocca di grandi parole quali “Onore” e Patria”, sempre pronte a chiedere sacrifici immani alla popolazione, ma che poi sovente evitavano di pagare coerentemente per le proprie idee. Dico che sovente non pagavano coerentemente, ma, ed è giusto sottolinearlo, in altri casi nella Grande Guerra, anche sì. Molti furono i volontari che, anche nei ceti medio e medio alto, a quanto mi risulta, si arruolarono perché credevano nel “nobile valore della guerra” e tra costoro numerosi pagarono con il sangue questo coraggio. Pur in questo clima, chi si preoccupava di salvare i propri macchinari industriali, a prezzo di svariate vite umane, lo storico testimonia che ci fu, suscitando il mio massimo sdegno. Come pennellate sapienti, le parole, le foto e i racconti proposti da Sergio Tazzer. han dipinto molti dei sentimenti che la Grande Guerra generò: gesti di valore, di miseria, di nobiltà e molto altro. Un grazie a questo storico intrigante e alla signora Giovanna Crosato che con il suo gruppo, ANDE, ha organizzato quest’incontro.

Mirco Venzo, Treviso 17/11/2016  #qzone

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