Il 16 luglio 2014 a Ca’ dei Ricchi a Treviso TRA (Treviso Ricerca Arte), grazie alla volontà del critico d’arte Carlo Sala, han portato nella marca il “fotografo” Franco Vaccari per presentare il suo libro “FOTOGRAFIA E INCONSCIO TECNOLOGICO”. L’artista modenese per spiegare la sua opera inizia affermando che una figura di riferimento fu per lui Roberto Rossellini “Il più grande artista italiano del dopoguerra”. La caratteristica di questo regista era di utilizzare gente normale per i suoi film, gente “vera” che non avrebbe alterato con la loro arte recitativa “artificiosa” la qualità delle riprese.
Il tema della “verità” delle immagini e della “manipolazione” che ne fa il fotografo è il tema che si pone Vaccari quando vuole documentare il concerto tenutosi all’isola di Wight, punto di ritrovo del mondo hippie. “Io non facevo parte di quella fauna li, ma mi misi a far foto! Capii però che le mie foto sarebbero state impregnate dei miei convincimenti, che erano “estranei” all’evento che stavo documentando”. Vaccari allora per ovviare a questo inquinamento mentale si diede una regola: percorreva cento metri e scattava a caso voltandosi ora a destra ora a sinistra, indipendentemente da ciò che avrebbe inquadrato. Altri cento passi e via così di seguito per raccogliere delle immagini dove la sua visione del mondo fosse tenuta fuori dal documento che stava realizzando.
Si sta concretizzando l’idea del libro che presenta: la foto è realizzata dal mezzo! Il tanto decantato apporto del fotografo non è indispensabile quando, si evince dalle parole di Franco, non addirittura dannoso. E arriviamo al 1972 quando con sorpresa del “fotografo” la Biennale di Venezia invita Vaccari ad esporre. “E’ il punto d’arrivo per un artista ed uno s’immagina di presentare qualcosa di assolutamente non attaccabile dalla critica. Io volevo sfruttare l’evento per fare qualcosa di differente. Nasce così il progetto “Esposizione in tempo reale N. 4”. Nella sala vuota vi era al centro una cabina Photomatic (quella delle Stazioni Ferroviarie) con una scritta in quattro lingua: “Lascia su queste pareti una traccia fotografica del tuo passaggio!”.
L’artista ci sottolineò due aspetti importanti di questo progetto. Il primo era che l’interesse per la sua opera sarebbe rimasto inalterato dal primo all’ultimo giorno. Il progetto era in divenire e quanto esposto il primo giorno, se commentato, avrebbe comunque obbligato a una revisione del giudizio valutando quanto si sarebbe visto esposto nell’ultimo giorno della biennale. Solo in quel momento, con la chiusura della sala sarebbe stato da ritenersi terminato il suo lavoro. Il secondo elemento cui l’artista pose l’accento è l’assunzione del rischio che si accollò con quell’opera. Egli non sapeva non solo “chi” si sarebbe fatto fotografare, ma neppure “se” si fossero fatti immortalare. La strip era infatti a pagamento, non era gratuita. Ed è proprio questo mettere mano nel portafoglio che dava peso e significato ai coautori del lavoro. Dava peso e significato, ma rappresentava altresì un momento di rischio. Nessuno era obbligato a spendere dei soldi per lasciare una traccia fotografica della sua presenza, per tanto era ipotizzabile che la parete rimanesse vuota.
Così non fu; al termine della biennale vi erano appiccicate al muro 6000 foto. In quel momento Franco Vaccari diventa un nome di riferimento dell’Arte contemporanea italiana. Presentò un lavoro fotografico dove l’artista per sua scelta, si era completamente annullato. L’autore non sapeva chi si poneva davanti alla macchina, se uomo o donna, se vecchio o giovane tanto meno che espressioni avrebbe fatto di fronte all’obiettivo. Era la macchina che scattava la foto ed il soggetto della foto era al contempo, oltre che soggetto, anche regista dello scatto. Veniva eliminata qualsiasi interferenza da parte del fotografo e lo scatto risultava maggiormente “vero” come negli insegnamenti di Rossellini. Pur tuttavia a lui, a Vaccari, va attribuita la paternità di questo lavoro fotografico dove l’artista si può dire, ha solo messo l’idea, perché tutto il resto è stato realizzato dal mezzo meccanico grazie alla volontà nuda e pura dei fotografati.
Mi permetto di sottolineare come la data del progetto sia particolarmente importante, inizio anni settanta, anni in cui vi era un'ideologia diffusa che inneggiava la gente comune, chi sta alla base della piramide, in una parola il Popolo. C'era la volontà di elevarlo al ruolo di protagonista, di dar lui voce e pulpito per farsi sentire. farsi sentire. Rileggo ora questa provocazione, inserita ai tempi attuali dove sempre più spesso si cerca di delegare ai "tecnici" le decisioni fondamentali delle nostre vite, annullando la volontà popolare, giusta o sbagliata che sia, vedasi ultimi governi italiani o la situazione verificatasi in Grecia a seguito del referendum del 2015 quando il Popolo cercò di divincolarsi dalla morsa dei burocrati per esternare democraticamente un "NO" all'austerità.
La storia la conosciamo, le ingerenze contro il popolo greco non si arrestarono e ritornando al nostro paese chi ci ha proposto una riforma costituzionale che eliminava di fatto la scelta dei senatori, alzava il quorum per i referendum e veniva volutamente scritta in modo illeggibile, (rif 1) per non essere compresa dalla gente comune, dal Popolo, viene riproposta a governare come la resurrezione del Ministro Boschi insegna. Forse, riconducendo il fatto di attualità allo stimolo intellettuale suscitato da Vaccari è questa una reazione alle immagini prodotte nel 1972 dalla Photomatic, immagini poco attraenti a mio personale giudizio estetico. E' come se qualcuno avesse riconsegnata la macchina in mano al fotografo togliendola da quelle "incapaci" del Popolo. Credo mi possa fermare con la mia digressione, lasciando spazio al lettore di seguire, se lo ritiene opportuno, il ragionamento.
Mirco Venzo, Treviso 10/01/2017
(Foto Annalisa Scarpa - Art Studio)
Rif 1 http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11/18/referendum-franceschini-pd...