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20170921 MV CapaA partire dal 16 settembre sino al 22 gennaio 2018 nel Museo Civico di Bassano del Grappa (VI) si può assistere alla mostra Robert Capa, retrospettive, la rassegna è curata da Chiara Casarin e da Denis Curti. Si tratta i 97 (rif. 1) immagini tutte in bianco e nero fruibili a 12 euro, (per chi non ha diritto a nessuna riduzione),  nota positiva sono ammesse al museo le macchine fotografiche ed è consentita la realizzazione di foto all’interno della mostra.

Non spetta a me ribadire ora l’importanza nella Storia della Fotografia di Robert Capa, pseudonimo di Endre Ernő Friedmann (Budapest, 22 ottobre 1913 – Thai Binh, 25 maggio 1954) e mi limito a illustrare quali episodi sono ricordati dalle foto di Capa esposte a Bassano.

Alcune foto sono relative alla visita di Lev Trockij a Copenhagen, seguono immagini circa la Guerra civile spagnola dove Franco voleva modificare, riuscendoci, la struttura del Paese. Poi è documentato lo sbarco in Normandia dove il reporter affianca i soldati americani. Quindi ci sono scatti in Germania, immediatamente a seguito l’occupazione americana, scatti in Sicilia, quando le forze americane approdarono sull’isola per conquistare da Sud il nostro Paese, che a Nord vedeva all’opera le forze partigiane.

Vi sono poi immagini relative alla Francia e alle manifestazioni di piazza, scatti che narrano della Russia dove però il fotografo ungherese affermò trovare poca ispirazione, scatti realizzati in Israele, quando quello Stato stava nascendo e per finire le foto relative alla sua esperienza in Asia, prima nella guerra cinese e poi in quella dell’Indocina, dove terminò la sua esistenza appoggiando il piede in una mina antiuomo.

Vi sono, oltre alle succitate testimonianze anche altre immagini, relative agli incontri personali che personalmente ritengo meno interessanti dal punto di vista storico, anche se dal punto di vista fotografico sono forse le foto che più parlano dell’abilità di Capa.

Immancabile è stata la chiacchierata di critica circa la mostra tra me e Giorgio Grassato. La prima osservazione è che rispetto alla mostra di Verona del 2012, dove il costo del biglietto fu di 5 euro, in una cornice altrettanto prestigiosa, non abbiamo rilevato né sensibili variazioni a livello d’immagini, né eventuali personalizzazioni a livello di critiche. Insomma, un “copia incolla” dove la vera differenza è legata al costo del biglietto, e la cosa ci è dispiaciuta. Critiche che Giorgio ed io per contro abbiamo avanzato.

La prima, da parte di Giorgio, amante della stampa e dei suoi segreti: la mostra era priva, a suo dire, di scatti prodotti da negativo originale, cosa che a lui disturbava molto. A me invece ha creato un leggero prurito la mancata presa di posizione circa la foto del miliziano scattata durante la guerra civile spagnola. Quello scatto è oggetto di diatriba da decenni e vi è chi sostiene trattasi di un falso sapientemente costruito. Non posso prendere una netta posizione a riguardo, ma rilevo come mettere in dubbio la veridicità di quell’immagine, significa tradire la memoria del fotografo che affermava “Se le tue foto non sono abbastanza buone, non sei abbastanza vicino”. Quest’uomo, ricordiamolo, per essere sufficientemente vicino agli avvenimenti, affiancava i soldati durante lo sbarco in Normandia, e alcuni film come Salvate il soldato Ryan in alcune scene ben spiegano cosa ciò comportasse in termini di pericolo.

Senza scomodare, quelle sì, le ricostruzioni artificiali, basta osservare gli scatti presenti nella mostra, togliendo loro l’alone del dubbio malizioso. Immagini in cui la poca luce costringe a tempi lunghi e a foto poco nitide. Stessa condizione che si rileva nelle foto del rivoluzionario comunista durante la visita in Danimarca. E lì si apprende che cos’è la Fotografia per Capa. Trockij non amava esser fotografato e diede disposizione affinché non si scattassero foto durante la sua conferenza. Ecco che tutti i fotografi dotati di grandi obiettivi e flash furono ostacolati nel loro lavoro di documentazione, quando il giovane reporter ungherese, utilizzando una piccola Leica, riuscì, pur con immagini mosse, a documentare la vivacità oratoria del futuro martire rivoluzionario.

E qui veniamo all’essenza della filosofia fotografica di Capa. La foto è un documento che parla della realtà, di ciò che accade.
La foto fa Storia e non si può fare Storia basandosi su documenti fasulli, anche se ben “costruiti”. Capa sapeva come realizzare una buona foto, con composizione ben architettata, con un bel gioco di neri e bianchi e con una nitidezza importante, lo si vede negli scatti personali. Però quando sei in guerra devi portar a casa il documento anche se non è perfetto, perché ciò che da importanza a quell’immagine è proprio l’essere un documento, o se si preferisce la sua autenticità.

E’ un insegnamento molto importante questo, soprattutto ai tempi in cui va di moda il fotoritocco a computer. Non a caso a chi mise in dubbio l’autenticità di quello scatto Capa stesso replicò: “Per scattare foto in Spagna non servono trucchi, non occorre mettere in posa. Le immagini sono lì, basta scattarle. La miglior foto, la miglior propaganda, è la verità". (rif 2) e che altro poteva dire chi sacrificò la propria vita pur di documentare la verità? Ritengo quindi la difesa di questa foto un atto doveroso nei confronti della Filosofia di Robert Capa, che è nello stesso tempo una presa di posizione su come uno intende la Fotografia, e non solo quella, anche se, in questo caso specifico, comprendo la diplomazia dei curatori della mostra.

Mirco Venzo, Treviso 20/09/2017  #qzone
Foto Giorgio Grassato mezzo cellulare nella mostra di Bassano

Rif 1 http://www.treoci.org/index.php/it/2013..
Rif 2 https://it.wikipedia.org/wiki/Robert_Ca..

 

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