L’ho trovato pesante! Non è un libro che dovete regalare ad un amico, lo sconsiglio, rischiate di perdere l'amicizia. Leggetelo voi, se il tema v’interessa, ma assolutamente io non lo proporrei come dono. E allora, perché leggere Arcipelago Gulag (rif. 1) di Aleksandr Solženitsyn? (rif. 2) Perché è la prima seria critica rivolta contro il proprio sistema da un cittadino russo. Perché questo intellettuale credeva in Marx e nella rivoluzione e questo da un valore aggiunto. Perché Alexander Solzhenitsyn era orgoglioso di esser russo. Perché l'autore era un eroe di guerra, aveva combattuto con merito contro i nazisti e aveva ricevuto onorificenze, per cui non parliamo di un codardo, ma di chi non temeva di affrontare la vita.
Perché lui il sistema dei Gulag, da lui definito “arcipelago” (varie isole, i GULag, acronimo di direzione centrale dei lager, circondate dal mare immenso della madre patria) lo conosce e si ripromise di descriverlo anche attraverso le testimonianze di chi narrò a lui le proprie vicissitudini, e questo lo fece per dar un senso anche a loro. Non è un lavoro scientifico, e non può esserlo dando molto spazio alle narrazioni raccolte da chi era nelle peggiori posizioni per testimoniare. Le parole scorrevano dopo notti insonni, dopo aver subito tortura, in preda ai morsi della fame, proferite da persone ammalate e per tanto poco lucide.
E però allora che facciamo? Dimentichiamo il tutto? Dimentichiamo le loro sofferenze e le loro vite, senza dare un senso a tutto ciò? Solženitsyn si ribella a questa eventualità e scrive, arricchendo il tutto con una sua ricerca storica che affianca le testimonianze, impregnando il testo di riferimenti che non sono in grado di giudicare. Aleksandr Solženitsyn fu insignito del premio nobel per la letteratura nel 1970, a conferma che chi vi scrive, forse, non ha grande titolo per criticare l'autore, anche se potrei farmi scudo del giudizio di Umberto Eco che tacciò l’autore russo “un Dostoévskij da strapazzo”.
E' un giudizio che non condivido, la lettura è pesante, ma pesante fu anche il significato politico dell'opera ed ancor più pesante fu l'impatto che tali righe ebbero sia in Patria che in occidente. Ed allora? Ed allora il libro diventa un punto di riferimento per comprendere il mondo dei Gulag senza dimenticare che il testo non narra solo del sistema sovietico, non solo parla solo dei Gulag, ma racconta anche dell’Uomo e del XX secolo, un secolo dove ci fu, giusto per dare qualche accenno la rivoluzione comunista prima in Unione Sovietica, e poi altrove. Dove nell'Europa civile vi furono due conflitti mondiali. Allargando gli orizzonti ci fu l'uso della bomba atomica, che cambio l'idea di conflitto, vi fu la guerra fredda, un attentato della C.I.A. in Cile ed un Vietnam...
In questo secolo un terzo della popolazione mondiale abbracciò il pensiero e la speranza comunista, e per tanto la voce critica di questo testimone e dei suoi compagni di sventura aiuta tutti noi ad orientarci ed a porci degli interrogativi. Non escludo che tra le righe, se qualche abile pensatore le sa scorgere, vi siano anche le ragioni per cui quel sistema, oggi che vi scrivo, è crollato. Vi è dell'altro, Alexander oltre ad essere un testimone della Storia, cerca pure di penetrare nella natura umana, quella natura che in certi frangenti nella guerra, nelle pestilenze, nei campi di concentramento, in circostanze estreme, emerge in tutte le sue estreme contraddizioni. Non c'è spazio per una rosa senza nome, come nel bel romanzo di Eco, ma Arcipelago Gulag, aimhè, non è un romanzo.
Mirco Venzo, Treviso 14/05/2018 #qzone
Nota, esiste un secondo volume di Arcipelago Gulag, che non è recensito in quest'articolo. Il nome dell'autore è riportato in due differenti modi, quelli ritrovati su Wikipedia.
Rif. 1 https://it.wikipedia.org/wiki/Arcipelago_Gulag
Rif. 2 https://it.wikipedia.org/wiki/Aleksandr_Isaev...