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20160722 VM ortobotanicoSuccede spesso di non prendere abbastanza in considerazione le meraviglie che abbiamo vicino a noi. Una di queste è l'Orto botanico dell'Università di Padova, vera oasi naturalistica nel cuore della città. Dall'ingresso principale è difficile immaginare quanto si possa trovare al suo interno. Per chi si sposta con i mezzi pubblici e a piedi, la  distanza dalla stazione dei treni è circa mezz'ora a passo veloce. Essendo poco segnalato, vi consiglio di seguire le indicazioni per la Basilica del Santo: il nostro paradiso terrestre si trova pochi metri più avanti. L'avevo visitato molti anni fa, forse nella stagione meno propizia, e l'impressione era stata deludente. Sono ritornata ieri, in un pomeriggio torrido, e devo dire che mi ha piacevolmente stupito. Sapevo della sua importanza storica, infatti è il più antico orto botanico universitario al  mondo. Fondato nel 1545, con lo scopo di studiare e coltivare piante dalle proprietà curative, nella parte centrale conserva una disposizione geometrica adatta al raggruppamento delle varie essenze. Le aiuole sono suddivise fra piante velenose, medicinali, specie alpine, rare e minacciate di estinzione, oltre a quelle che, in secoli passati, da qui furono introdotte in Italia ed Europa.
In diversi punti del giardino si rimane affascinati dalle collezioni. In particolare ho notato moltissime succulente e insoliti Pelargonium con foglie profumate. Sempre nella parte antica non passano inosservati, neppure ai visitatori più distratti, alcuni alberi che hanno accompagnato la storia di questo luogo. Un enorme Platano orientale, del 1680, con una particolare cavità formatasi dalla base del fusto; una Magnolia grandiflora che risulta essere tra le più vecchie esistenti in Europa; la famosissima Palma di Goethe (Chamaerops humilis) del 1585, che dispone di una serra dedicata. Già questi esemplari valgono la visita. Ma la parte forse più sorprendente è costituita dal giardino della biodiversità. Una grande struttura moderna, completata nel 2014, si affaccia su prati e geometrie d'acqua. L'edificio ospita grandi serre comunicanti, suddivise per zone climatiche: tropicale, sub-umida, temperata, mediterranea, arida. Ogni spazio è un'immersione in un ambiente diverso, dalla foresta al deserto. Nel clima particolarmente caldo si è avvolti da mille tonalità di verde, arbusti lussureggianti, fiori stupendi e profumi per noi insoliti. Inutile dire che il codice del visitatore vieta di toccare le piante... la tentazione è grande e, sinceramente, io non ho saputo resistere. Attenta a non recare il minimo danno, ho accarezzato cortecce e foglie, avvicinato fiori per scoprirne l'aroma.
La visita avrebbe potuto continuare a lungo, c'era altro ancora da vedere. Ma arriva il momento in cui è meglio rimanere con il desiderio di tornare, piuttosto che lasciarsi prendere dalla stanchezza. Concludo dicendo che i soldi del biglietto, 10 euro salvo riduzioni, sono davvero ben spesi. Ed è bello sapere che il luogo appena esplorato è dal 1997 patrimonio dell'UNESCO, accompagnato da una motivazione che aiuta a riconciliarsi con il mondo.

Daniela Grassato – 20 luglio 2016

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