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20161114 MV PlayaLa luce di un vivace sole invernale brillava nell'acqua della laguna. Mentre il vaporetto proseguiva il suo tragitto ed il profumo di salsedine mi penetrava le narici, il mio vicino, sottovoce, quasi per non farsi sentire da altre persone, mi confidò di esser rimasto stregato da un'isola dell’Atlantico. “… io di professione faccio il necroforo, non ho uno stipendio fisso, lavoro a chiamata, anche se nel mio lavoro i clienti non mancano mai… Questo mi porta ad interrogarmi quotidianamente su cosa sia la vita. Alla mia età, so per professione che la mia clessidra ha già iniziato l’ultimo giro.

Ed allora mi chiedo, che ci resto a fare in questo Paese? Ad aspettare una pensione che non mi arriverà mai? Ma chi me lo fa fare di rimanere qui, sommerso di tasse, senza prospettive, in una parola a rompermi i *** quando di vita ne abbiamo una sola?" Interessato all'argomento, gli chiesi: "E la tua compagna, che dice?" E lui, senza esitazione: "Lei mi dà ragione. La scorsa settimana era l'anniversario del decesso di sua madre, aveva 40 anni quando ci salutò; a breve sarà il suo compleanno ed è già sopra i 40... Chiaro che certe riflessioni le fa anche lei. Lì (in questa isola tropicale ndr) ci alzavamo e vedevamo l’oceano! C’era una spiaggia praticamente deserta dove nessuno ti obbligava a correre, ad affannarti…, per che cosa poi? Io li vedo tutti i giorni come finiscono quelli che si affannano, quindi a cosa ti affanni a fare? La nostra idea è di trasferirci il prima possibile".
Continuai: "E come avete idea di procedere?"
E lui: "Ci siamo dati un anno di tempo”.
Il battello proseguiva sereno, incurante dei nostri dialoghi, mentre i poetici paesaggi di Venezia, fatti di campielli, edifici, colori e sensazioni, scorrevano placidi ed io m'interrogavo: eravamo in una delle più belle città al mondo, eppure questa persona voleva abbandonare l’Italia, il nostro Paese che altrove ci invidiano. Come mai? C’era qualcosa che mi strideva, se è tanto bello il Paese dello stivale, com'è che in tanti se ne stanno andando? E perché invece tanti, fuori di qui, lo apprezzano? La risposta è nelle parole del mio interlocutore: l’assenza delle prospettive, la precarietà del lavoro che non giustifica lo stress che ci sommerge ogni giorno, le bollette che arrivano implacabili. Che ne sanno gli stranieri di tutto questo? Possono immaginare che queste cose possano accadere in un paesaggio bello come quello che ci circonda? Certo che no! Loro non pensano che chi a piedi raggiunge piazza San Marco, oppure il Colosseo, o la Madonnina, si veda rovinare la giornata da una banale multa, da una dichiarazione dei redditi o da Equitalia che si attiva per portarti via la casa. E pure dopo tutto ciò, anche a te verrà il momento di chiudere gli occhi e chi ha dato ha dato, e i pochi che han ricevuto, pure loro si troveranno stesi orizzontalmente, con una persona come il mio vicino di viaggio che li osserverà. Dopo il denso dialogo, ognuno di noi si è rinchiuso nel suo mondo.
Io mi son trovato attaccato a Venezia grazie agli strilli dei gabbiani, e osservandoli nel volo, leggeri, in un azzurro cielo novembrino li rivestivo a simboli di libertà. Eppure anche per loro sarebbe arrivato il momento di chiudere le ali. E quindi che cosa ci accomunava e in che cosa noi, io, il mio vicino di sedia e gli italiani in generale, eravamo differenti da loro? Loro, gli uccelli, stavano seguendo l'istinto, la loro natura di esseri nati per volare, starnazzare, amoreggiare e pescare. Noi, io e il mio interlocutore, stavamo facendo lo stesso? Stavamo assecondando il nostro essere? Fuori dal vaporetto il sole brillava, creando suggestivi riflessi nell'acqua. L'operatore funebre lo vedevo sereno, forse grazie anche a questo progetto da realizzare, complice la sua metà. La mia mente invece si è adagiata sulla clessidra e su di un sorriso di donna che mi pareva terribilmente lontano.

Mirco Venzo, Venezia 12/11/2016 qzone
La foto è stata da me realizzata in Repubblica Dominicana, a Samanà per l'esattezza. So che anche lì molti italiani, al pari dello sconosciuto, si sono ritirati in cerca del loro equilibrio, con alterna fortuna.

Becchino: significato etimologico - chi per professione maneggia i morti. Il termine nasce nel Medioevo quando per verificare l'avvenuto decesso si usava pungere il cadavere per verificarne il trapasso, diffusa era l'usanza di morsicare l'alluce dello stesso. Sinonimo di becchino è, per la stessa ragione, il termine beccamorto.  

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