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20161126 VM mmaròNon so se sia il dolce dondolio del vaporetto, o l’aria della laguna, ma anche nel recente viaggio a Venezia ho raccolto un racconto interessante, al punto tale da spingermi a condividerlo. Inutile dire che io riporto il più fedelmente possibile ciò che mi è stato detto. Poi quanto ci sia di vero e quanto non lo sia, lascio decidere al lettore. Quest’uomo dalla barba rossastra, occhi chiari, mi raccontava con voce lenta, ferma e sicura, avente un accento dall'inflessione meridionale, il suo desiderio di ritornare ad imbarcarsi. Voleva riprendere il suo lavoro di “guardiano di navi”. La cosa m’incuriosì, essendomi interessato del recente caso dei due marò che furono accusati di omicidio in India, e ho alimentato il dialogo.

Ho quindi scoperto, per testimonianza di questo sconosciuto, che è prassi di tutti i bastimenti che transitano in certe acque, tutelarsi utilizzando dei militari a difesa del loro carico. La zona più insidiosa è il Corno d’Africa, ovvero il territorio di mare che gravita attorno alla Somalia, all'Etiopia, all'Eritrea e a Gibuti. Frequentemente arrivano con delle piccole imbarcazioni i pirati, che si avvicinano alle navi e cercano di salirvi sopra, sparando addosso a chiunque vedano e, una volta saliti, portano via tutto il possibile. Queste navi sono dotate di una cabina ermetica, dove tutto l’equipaggio si va a proteggere quando l’attracco dei pirati sta andando a buon fine. Questo rifugio è impenetrabile dall'esterno una volta serrata la chiusura, e dentro vi è il necessario per la sopravvivenza di alcuni giorni. Quando gli aggressori mettono le mani su un marinaio, nella migliore delle ipotesi lo ammazzano, nella peggiore lo seviziano, abusando anche fisicamente dello stesso, in una sorta di stupro di gruppo, per poi finirlo. Il concetto espresso da questo militare è chiaro, mai farsi prendere! Questi indigeni masticano foglie di piante eccitanti “...dieci volte più efficaci della cocaina...” che ne alterano lo stato mentale e li rendono “...indemoniati...” quando a questa sostanza non aggiungono pure una buona dose di alcool. Trovano così la forza per compiere l’attacco, molto più rischioso per loro che non per chi è sopra la nave. "Dall'alto si può sparare protetto dalla paratia, al contrario di chi è sotto che non ha nessuna protezione e deve affrontare impavido i colpi che gli vado a tirare". Ha poi spiegato che i proiettili sparati verso l’alto vanno contro la forza di gravità, pertanto maggiore è la distanza tra la piccola e veloce imbarcazione pirata e il grosso e lento bastimento commerciale, tanto più facile è difendersi per chi sta in alto e diventa difficile attaccare per chi sta sotto, almeno sin tanto che la distanza è ragguardevole. Quando poi la distanza si riduce sotto i 200 metri, l’attacco dei pirati va considerato ben eseguito e la soluzione è nascondersi nel rifugio di cui ho già narrato. I pirati vanno contrastati quando sono lontani circa 500 metri, imbastendo manovre diversive da realizzare con la nave che crea onde efficaci a disturbare i barchini nemici.
La remunerazione gira attorno ai 150 dollari al giorno e i viaggi durano 20/30 giorni. Qualche anno fa la diaria era molto più interessante, si arrivava a prendere anche 300/350 dollari al giorno. Io mi sono subito interessato su come riuscire a far parte di questo gruppo di “guardiani” ma le mie ambizioni a guadagnare questi dollari sono state subito stroncate. Solo chi ha alle spalle una comprovata esperienza militare ed ha fatto parte di certi corpi speciali può ambire a questo lavoro. Talvolta inoltre è necessario avere dei diplomi che si ottengono all'estero, a seguito di corsi di preparazione che sono a spese del militare. Un corso può costare anche 700 dollari. E’ un lavoro che, seppure bene remunerato, può costare la vita. E non tutti, mi illuminava il mio confidente, hanno le caratteristiche mentali per poterlo fare. In una delle sue ultime trasferte, il suo compagno di avventura, quando iniziò la crivella dei colpi nemici, fu preso da un attacco di panico. Lui si trovò quindi a dover cercare di tener calmo il suo "aiutante" e nel frattempo a difendere l’imbarcazione, da solo, contro l’attacco che arrivava dal mare. La salvezza della nave gravò tutta sulla sua abilità militare e sul suo sangue freddo. Durante la giornata ho molto riflettuto su questo racconto che da un lato mi rende chiaro per quale ragione i due marò fossero a difesa del bastimento che andò ad impegolarsi nelle acque indiane, e dall'altro mi ha fatto sorgere interrogativi su chi fa il “lavoro” del pirata. Se è pericoloso guadagnare 150 dollari al giorno, mi chiedo quanto percepiscano coloro che, drogati da queste piante, dalle piccole imbarcazioni vogliono salire sul battello “occidentale”. Non dev'essere una grande vita neppure quella dei pirati e m’immagino sia sempre la povertà e la fame a costringere queste persone a rischiare tutto in cambio di, credo, molto poco. Mi sono guardato attorno e ho focalizzato le tranquille acque veneziane attorno a me. In passato anche da questa laguna partivano bastimenti diretti verso Oriente e anche loro, immagino, dovevano difendersi dai pirati. L’uomo è andato sulla Luna, ma parecchie cose non sono cambiate di molto, in questi secoli. 


Mirco Venzo, Venezia 22/11/2016 #qzone
Foto Mara Zorzini con cellulare dal vaporetto in movimento.


Marò: – fonte Hoepli on line. - MIL, gerg. Nella marina militare, marinaio semplice, non specializzato / Marinaio del “Battaglione San Marco”.

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