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20180508 MF debitopilSei anni fa il Corriere della Sera pubblicò una collana intitolata “Laici Cattolici, i maestri del pensiero democratico”. Il decimo volume era dedicato ad Aldo Moro con il sotto titolo “La democrazia incompiuta”. Massimo Franco nella prefazione sottolinea come nelle parole e nelle strategie di Moro si annidino i motivi del suo rapimento e del suo assassinio, precisando come “l’apparente archeologia morotea racchiuda le tracce, forse i germi di quello che l’Italia ha cominciato ad essere con la sua morte, o magari anche a causa della sua scomparsa dal panorama politico; e che in parte, forse, è tutt’ora.”

Una democrazia incompiuta. Premetto che non sarò imparziale, quello che segue è una opinione di parte. La mia parzialità scaturisce da una sequenza storica, parte dalle scelte del governo Moro del 1975, quando venne introdotto l’obbligo per la Banca d’Italia di acquistare i titoli di stato emessi e non sottoscritti dal mercato, passa attraverso l’omicidio di Aldo Moro del maggio 1978; prosegue nel dicembre 1978 quando il Parlamento italiano approvò l’adesione dell’Italia nello SME (Sistema Monetario Europeo) che sarebbe entrato in vigore il 13 marzo 1979, aggiungiamo che il 24 marzo 1979 l’allora governatore della Banca d’Italia, Paolo Baffi, fu incriminato per favoreggiamento e interesse privato in atti d'ufficio nel corso di un'inchiesta sul mancato esercizio della vigilanza sugli istituti di credito (proprio come oggi).

Si conclude con il 12 febbraio 1981, quando prende l’avvio il c.d. “divorzio” Tesoro Banca d’Italia. Sono tutti fatti storici collegati e consequenziali. Va sottolineato che Aldo Moro e Paolo Baffi erano entrambi contrari all’entrata dell’Italia nello SME (il nonno dell’€uro), anche se per motivi diversi. Prima di introdurre ulteriori elementi sulla figura di Moro, ricordo che Baffi fu integralmente prosciolto in istruttoria l'11 giugno 1981, ma Baffi, essendo un gentiluomo, non aspettò il proscioglimento, preferì dimettersi dall'incarico di governatore il 16 agosto 1979. Scrisse nel suo Diario: «Non posso continuare a identificarmi col sistema delle istituzioni che mi colpisce o consente che mi si colpisca in questo modo», il New York Times scrisse che «l'assalto dei politici alla Banca d'Italia è paragonabile all'agguato delle Brigate rosse in via Fani».

Al posto di Baffi, Cossiga mise Ciampi, che non aveva nulla in contrario allo SME, e che, artefice del “divorzio” con il Ministro Andreatta, trasformò la Banca d’Italia da banca dello e per lo stato democratico, a banca garante del “mercato”. Grazie al “divorzio” la Banca d’Italia cominciò a non acquistare più i titoli di stato, facendo si che il debito pubblico schizzasse alle stelle nell’arco di un decennio, a causa dell’aumento degli di interessi, e che si trasformasse da debito prevalentemente interno a debito con una forte componente estera (quella che oggi ci fa male). Infatti, Ciampi e Andreatta intrapresero una strada diametralmente opposta alla deliberazione del Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio del 23 gennaio 1975 presa dal "governo Moro", che imponeva alla Banca d'Italia l'acquisto dei titoli di Stato non collocati all'emissione, garantendo in questo modo il contenimento degli interessi.

Osservo che Cossiga e Ciampi divennero entrambi Capi dello Stato, con il secondo protagonista, con l’andreattiano Prodi, dell’entrata dell’Italia nell’€uro. Nel 1981 inizia quella redistribuzione mascherata del reddito dal basso verso l’alto, le cui evidenze sono palesi ai giorni nostri con l’aumento delle disuguaglianze. Ma quali erano le convinzione ideali di Aldo Moro, il Presidente del Consiglio che approvò l’obbligo per la Banca d’Italia di acquistare i titoli di stato non collocati, attuando quella monetizzazione del debito pubblico che aiutò l’Italia in un periodo turbolento, primo shock petrolifero incluso? Per capire Moro è utile partire dal suo intervento all’Assemblea Costituente del 13 marzo 1947.

Rispondendo a una posizione espressa dell’Onorevole Lucifero il quale proponeva che: “la nuova Costituzione italiana fosse una Costituzione non antifascista, bensì afascista”, Aldo Moro ribadiva: “Io, come già ho espresso in sede di Commissione all’amico Lucifero qualche riserva, su questo punto, torno ad esprimerla, perché mi sembra che questo elementare substrato ideologico, nel quale tutti quanti noi uomini della democrazia possiamo convenire, si ricolleghi appunto alla nostra comune opposizione di fronte a quella che fu la lunga oppressione fascista dei valori della personalità umana e della solidarietà sociale. Non possiamo in questo senso fare una Costituzione afascista, cioè non possiamo prescindere da quello che è stato nel nostro Paese un movimento storico di importanza grandissima, il quale nella sua negatività ha travolto per anni le coscienze e le istituzioni.

Non possiamo dimenticare quello che è stato, perché questa Costituzione oggi emerge da quella resistenza, da quella lotta, da quella negazione per le quali ci siano trovati insieme sul fronte della resistenza e della guerra rivoluzionaria ed ora ci troviamo insieme per questo impegno di affermazione dei valori supremi della dignità umana e della vita sociale.” Moro metteva in guardia i costituenti dalla trappola dell’afascismo, quella zona grigia già individuata da De Felice, che oggi torna di moda sotto diversi aspetti, ad esempio come “austerità espansiva”. Moro giustamente legava indissolubilmente la dignità umana e la vita sociale a un unico sistema di valori anti autoritari, antifascisti e poneva la Banca d’Italia al servizio di questi. Sappiamo che la nostra Costituzione stabilisce che devono essere tolti gli ostacoli che impediscono “l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Questo dettato costituzionale è esattamente l’opposto della nuova cultura grigia afascista del pareggio di bilancio a ogni costo imposto da un’unione monetaria sbagliata, che non rimuovere gli ostacoli ma li favorisce; perché il pareggio di bilancio è una condizione necessaria per l’esistenza dell’unione monetaria, che ha bisogno a sua volta della banca centrale indipendente per esistere, ma la banca centrale indipendente afascista è l’esatto contrario delle banca centrale antifascista di Aldo Moro, vincolata ad acquistare i titoli di stato non sottoscritti. L’afascismo quindi è una diversa forma di contiguità con il nuovo fascismo dei mercati. Chi ha ucciso Moro ha dato una spallata allo stato democratico a favore dello stato afascista subordinato ai mercati, anticipazione del nuovo medio evo figlio del globalismo finanziario.

Marco Fascina

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