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20161101 MB BoliviaCon più di un milione di chilometri quadrati di superficie e poco più di dieci milioni di abitanti, la Bolivia è tre volte più grande dell’Italia ma con solo un sesto della sua popolazione. Considerando che nelle due capitali La Paz e Sucre e nella terza città Santa Cruz de la Sierra abitano in tutto tre milioni e mezzo di abitanti, lo scenario di cosa ci sia (o meglio non ci sia) tra una città e l’altra appare subito chiaro. Muoversi nel territorio mette di fronte a un paesaggio surreale: terra brulla, rossa, arida, non coltivabile, montagne, sterpi, densità di popolazione bassissima. Ad ogni curva, una vecchina che chiede l’autostop.

La vecchina abita in mezzo al nulla e possiede un muro di pietra ed una pecora, se è fortunata. Il bilancio è immediato: in Bolivia c’è miseria. La miseria è un gradino al di sotto della povertà: significa non possedere nulla, niente di niente, nessuna proprietà privata. Nelle fasce rurali la situazione non è diversa da quella di altri paesi del Sudamerica, ma l’impressione è che in Bolivia la maggioranza della popolazione sia stata lasciata indietro. Il pulmino di turisti non si ferma, e ci sono due ore di auto per la prossima città. La domanda che balza in mente è: ma la vecchina dove se ne va? Dubbi su quale sia la fonte di sostentamento di tanta parte della popolazione sorgono anche in città. Il seguente articolo scaturisce dalle impressioni di un viaggio, che proprio per la loro natura hanno la forza dell’esperienza diretta ma al contempo soffrono della parzialità di chi si è fatto un’idea su un Paese tenendo gli occhi aperti e parlando con la sua gente: non è una visione completa e non è statisticamente rilevante. Ad ogni modo, anche il più fine politologo potrebbe osservare che in Bolivia di persone che vivono di nulla sono piene le strade, i mercati, le città.
Dopo una settimana passiamo la frontiera, si arriva in Cile. Duecento metri dopo la dogana finisce lo sterrato e comincia l’asfalto. Arriviamo in una piccola località turistica: spariti i mendicanti, tutto è curato, persino i cani randagi sono più grassi di quelli in Bolivia. Il Cile è chiamato la Svizzera del Sudamerica. Sia il Cile che la Bolivia hanno nel sottosuolo le maggiori ricchezze: dalle famose miniere di Potosì si estraeva l’argento che ha sostenuto la Spagna colonialista per 300 anni, oro, zinco, rame, stagno, antimonio, piombo. La domanda sorge spontanea: se hanno le stesse ricchezze, viene da chiedersi perchè la situazione economica tra i due Paesi sia così diversa. La Bolivia è un Paese che fino agli anni duemila ha sofferto di un’instabilità politica cronica. Ha subito quasi un colpo di Stato all’anno ed ha visto il succedersi di governi che hanno cambiato drasticamente la linea economica, dal nazionalismo al liberismo più sfrenato, oltre che l’instaurarsi di dittature militari sanguinarie e repressive: la più nota quella del generale Barrientos, durante la quale si sviluppò la guerriglia di Che Guevara. L’attuale Presidente della Repubblica è Evo Morales, eletto nel 2005 e in procinto di terminare il terzo mandato. Morales, di etnia quechua, è stato il primo presidente indigeno nella storia della Bolivia. È segretario del MAS (Movimiento al Socialismo), e dopo essere stato eletto con uno schiacciante 60% dei voti ha dichiarato che con la sua ascesa al potere la Bolivia usciva da 500 anni di colonialismo. In principio tutto vero, tutto bene: Morales ha applicato il classico socialismo nazionale volto alla tutela del Paese: politiche sociali indirizzate verso istruzione e salute (elargizione di fondi alle famiglie per mandare i bambini a scuola, aiuti per ragazze incinte); politica economica volta alla nazionalizzazione delle grandi ricchezze boliviane: miniere e impianti petroliferi; politica estera con inasprimento dei rapporti con gli Stati Uniti e viaggi diplomatici verso i grandi amici: la Cuba castrista e il Venezuela di Chavez. A dieci anni dalla sua prima elezione il quadro però è cambiato: a detta di molti Morales (o ministri de suo Governo) è implicato nel narcotraffico di cocaina, la nazionalizzazione delle risorse è stata cosa di facciata ed ha lasciato posto agli squali esteri, la corruzione dilagante ha indebolito un’economia già fortemente compromessa. Nel 2015 il fatto più grave: alla fine del terzo mandato, Morales ha indetto un referendum per chiedere alla popolazione se volesse una sua ulteriore candidatura (equivalente a un cambiamento nella Costituzione). Il referendum è stato oggetto di brogli elettorali e sono risultate votanti persone decedute: quando una guida boliviana vi indica un cimitero, ironicamente vi dice: “Lì è da dove la gente è venuta per votare al referendum”. Dopo i brogli, si è tornati alle urne ed ha vinto il NO: nel 2016 Morales non potrà ricandidarsi, ma a detta di molti il suo Governo sta tentando di agire per cambiare la Costituzione anche senza il voto dei cittadini. E la Bolivia, in vista di elezioni che porterebbero ad un nuovo premier che potrebbe significare altra instabilità, si chiede cosa sia meglio fare per non continuare ad avere Paesi confinanti, come il Cile, così vicini, ma così lontani.

Matteo Busato #qzone
Foto Matteo Busato

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