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20190518 MZ donnaSono sempre stata convinta della forza delle donne. Ogni donna ha dentro di sé un potenziale immenso e non solo in termini di maternità, per il fatto che il suo corpo è in grado di concepire una vita, nutrirla per nove mesi dentro di sé e partorirla con dolore immenso, dando inizio ad una nuova storia dell’umanità, una delle tante minuscole storie di passaggio in questo universo senza fine. La forza femminile si può definire enorme, capace di affrontare durissime battaglie e vincerle rinascendo a nuova vita, in grado di dare immensamente ricevendo poco o nulla, come spesso accade.

Ma grande è anche la fragilità della donna, spesso dettata da una sensibilità troppo marcata e che segna profondamente la sua vita, certo causando sofferenze eppure regalando grande consapevolezza della propria natura. Ogni donna è un grande miracolo e spesso non lo sa. L’unico grande svantaggio femminile è la differente struttura fisica rispetto all’uomo: antropologicamente differente, meno forte, diversamente resistente, più fragile e con minore resistenza allo sforzo fisico elevato ed alla fatica, dall’alba dei tempi proprio per questo motivo è stata ritenuta “inferiore”.

Diversa è anche la psicologia femminile rispetto a quella maschile e sull’argomento si è sempre dibattuto, con più o meno competenza. Lungi da me la pretesa di addentrarmi in una discussione psicologica sull’argomento … posso solo osservare che, nel tempo, molte delle inclinazioni femminili e maschili stanno migrando da un sesso all’altro determinando profondi cambiamenti sociali. Un esempio su tutti la cura della prole; per necessità professionali, attualmente, è spesso l’uomo a prendersi cura – e con gioia nella maggior parte dei casi – della neonata prole, tanto che la legge stessa ha riconosciuto l’importanza della figura paterna all’interno della famiglia concedendo anche all’uomo il congedo di paternità.

Un tempo non si sarebbe neppure potuta raffigurare una simile ipotesi dato che tutto ciò che aveva a che fare con la cura della casa, della famiglia e l’accudimento della prole era considerato esclusivo onere in capo alla donna e nessun uomo si sarebbe mai sognato di contribuire all’andamento del menage familiare e casalingo aiutando sua moglie: avrebbe visto messa in discussione non solo la sua autorità di pater familias, ma anche la sua virilità. Casa e bambini erano cose da donne; peccato che troppo spesso, nella civiltà contadina, la donna, dopo essersi sfiancata in casa e con i bambini, fosse costretta a svolgere ulteriore attività lavorativa nei campi (ovvero lavoro da uomini), accumulando un numero di ore di lavoro assolutamente superiore a quello dell’uomo.

Nel passato la donna è stata spesso considerata “inferiore” proprio a dispetto del suo grande potenziale in sensibilità ed arguzia, in capacità organizzativa, in praticità ed insieme fantasia: un patrimonio che l’uomo ha sempre intuito ed in alcuni casi temuto e forse per questo ha cercato, invariabilmente, di tenerlo a bada e tacitarlo, spesso con la violenza fisica e psicologica. Non tutti gli uomini sono fatti a questo modo ovviamente, ma vi è un retaggio ancestrale che si portano dentro e per effetto del quale nascono ritenendo, più o meno inconsciamente, che la donna sia una loro proprietà, “qualcosa” da accaparrarsi e dominare.

E’ stato poi merito della civilizzazione se siamo arrivati ad un concetto diverso del mondo femminile, ma giova ricordare che solo all’inizio del secolo scorso le donne hanno avuto diritto al suffragio universale dopo decenni di strenue lotte per la parità dei diritti. Una parità che dall’uomo viene spesso confusa con la parità dei doveri. E qui dovremmo aprire un’ampia parentesi e stabilire chi, in effetti, sia soggetto al maggior carico di incombenze tra i due, ma mi limiterò a qualche dato. Qualche tempo fa l’Istat ha stabilito il tempo di lavoro totale quotidiano delle donne in 9 ore e 10 minuti contro le 8 ore e 10 minuti degli uomini. Una differenza dovuta al lavoro casalingo che si aggiunge a quello retribuito e che quasi sempre rimane a carico esclusivo delle donne per effetto del fatto che le donne sono multi-tasking, cioè riescono a svolgere più compiti contemporaneamente.

Come si è detto prima, le cose non sono molto cambiate: la donna continua, in molti casi, a svolgere l’attività di cura della casa e accudimento della prole, sia pure con l’ausilio di strutture che ne hanno cura diurna mentre la mamma si trova al lavoro. Sempre forte, dunque, la disuguaglianza di genere nella divisione del lavoro familiare. Una disuguaglianza trasversale a tutto il paese, con livelli più bassi al Nord e in quelle con titolo di studio più elevato. In presenza di figli cresce la disuguaglianza: le madri occupate complessivamente dedicano al lavoro 9h28′ a fronte delle 8h17′ dei padri.

Insomma, la donna è sempre in pista, sempre al lavoro, sempre attiva e sempre oggetto di discussione, per una ragione o per l’altra, criticata e derisa, esaltata e squalificata, posseduta e sfuggente, consapevole di se’ stessa o meno, amata e odiata e, in molti casi purtroppo, anche ammazzata. Anche la religione ebraica celebra in modo contrastante la donna. In alcune preghiere della Torah l’uomo recita: “... ti ringrazio per non avermi creato donna”, e qui sarebbe necessario addentrarsi nel contesto della figura femminile all’epoca e disquisire sul significato della preghiera, ma non ne abbiamo il tempo. Il Talmud, invece, uno dei testi sacri della religione ebraica, parla in modo bellissimo della donna e impartisce un severo ammonimento:

 “State molto attenti a far piangere una donna, che poi Dio conta le sue lacrime! La donna è uscita dalla costola dell'uomo, non dai piedi perché dovesse essere pestata, non dalla testa per essere superiore, ma dal fianco per essere uguale... un po più in basso del braccio per essere protetta, e dal lato del cuore per essere Amata

Dal canto mio, senza scomodare il Talmud, io posso dire la stessa cosa: l’uomo che fa soffrire e piangere una donna non è un uomo e quando, malauguratamente, cede a questa tentazione, dovrebbe sempre ricordarsi di sua madre, la prima donna della sua vita.

 

Monica Zuccato, Treviso 18/05/2019 #qzone.it

Titolo corretto della riflessione
La donna: dagli arbori della vita al terzo millennio.
Una storia da scrivere ogni giorno
”.

 

 

 

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