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20200312 MG Covid 19Stiamo vivendo un momento veramente difficile per l'umanità tutta. Questa epidemia di Coronavirus, oramai diffusa a livello mondiale tanto che l'OMS l'ha infine dichiarata pandemia ci ha messo di fronte a noi stessi, alla fragilità del nostro essere, alla mancanza di quelle sicurezze che questa società nella quale viviamo ci spaccia invece per scontate e che, alla luce dei fatti, non lo sono. Assistiamo al crollo di un sistema economico che ha piedi di argilla tanto che basta un virus minuscolo, invisibile, a scuoterne le fondamenta e lasciarci senza difese, senza risorse.

Abbiamo scoperto di essere vulnerabili, accessibili, indifesi; abbiamo scoperto che la nostra vita, graziosamente VESTITA di tutte quelle cose che il consumismo ci ha indicato come necessarie, indispensabili a farci sentire "sicuri", socialmente accettabili, "arrivati", è invece NUDA davanti ad un evento imprevedibile come un'epidemia mondiale. Possiamo soltanto lasciarci andare, farci guidare dagli esperti – sanitari, virologi, protezione civile – seguire le indicazioni ed ATTENDERE che tutto sia finito.

Ed è proprio questa attesa che non siamo più in grado di sopportare. Non siamo più abituati ai tempi lenti che hanno caratterizzato gli albori dell'umanità prima della rivoluzione industriale, dell'informatizzazione globale che ci ha catapultati da una vita a contatto con la natura, nel rispetto dei suoi tempi (gli eventi atmosferici, il cambiamento delle stagioni) ad una vita frenetica e sregolata, all'inseguimento del benessere impostoci (da chi?) in continua gara con il tempo e convinti di poter controllare e dominare qualunque cosa, anche la Natura che invece – paziente e sorniona – ci attende al varco e ci ricorda, periodicamente, che comanda lei. E allora uragani, siccità, terremoti, tsunami, in parte causati dall'incontrollato sfruttamento del pianeta da parte dell'uomo, ma in effetti poi espressione di un sistema terrestre che noi ci ostiniamo ad ignorare, ci mandano periodicamente in tilt con tanto di dichiarazioni di stati di emergenza e via dicendo.

Ma signori! Questi eventi si sono sempre verificati, certo senza chiedere il nostro permesso, sin dalla notte dei tempi e non è che possono smettere di accadere perchè noi lo vogliamo, lo esigiamo, lo pretendiamo. Accadono e basta. Che diamine! Se due placche terrestri, più vecchie di noi di circa 4,5 milioni di anni, decidono di corrugarsi, distendersi, allungarsi e stiracchiarsi provocando un sisma di magnitudo 6.4 che distrugge un'area vasta chilometri e chilometri, hanno ben il diritto di farlo!

L'uomo contemporaneo, stupido essere supponente e privo di umiltà, grida all'onta, mentre i nostri Padri antichi si inchinavano alla potenza della natura attribuendone le possenti manifestazioni alla Divinità, cui si inchinavano riconoscendo la loro piccolezza (in tutti i sensi) ed invocandone la magnanimità. Non è che un virus, che esiste in natura in molteplici tipologie, può chiederci il permesso di mutare improvvisamente per ragioni che non conosciamo per cominciare a circolare liberamente infettandoci tutti. Lo fa e basta.

Ma CHI e' veramente il covid 19, questo ospite sgradito che è entrato rapidamente nelle nostre vite sconvolgendole in poche settimane? Sembra sia nato fra il 20 e il 25 novembre da un coronavirus degli animali e da allora è diventato uno dei tanti virus umani che sfruttano le cellule del sistema respiratorio dell'uomo per moltiplicarsi. A ricostruire le mutazioni del coronavirus SarsCoV2 è la ricerca italiana (manco a dirlo) condotta del gruppo di Statistica medica ed Epidemiologia Molecolare dell'Università Campus Bio-medico di Roma diretto da Massimo Ciccozzi. Il risultato di questo studio sta per essere pubblicato sul Journal of Clinical Virology; il primo autore è lo studente Domenico Benvenuto (cui vanno tutti i miei complimenti) che a giugno dovrebbe discutere la sua tesi sull'evoluzione genetica del coronavirus SarsCoV2.

L'equipe di ricercatori ha studiato le sequenze genetiche del virus in circolazione in Cina. Come tutti i virus, anche il coronavirus SarsCoV2 «muta in continuazione e cerca di cambiare aspetto per essere in equilibrio con il sistema immunitario ospite». Dopo quella di due proteine strutturali, la terza mutazione del coronavirus è stata quella decisiva: a trasformarsi è stata la proteine di superficie chiamata 'spike' (punta, spina), «quella che per prima viene a contatto con le cellule, come una bandierina con la quale il virus si presenta» cit. Benvenuto.

È stata questa, la "mutazione che ha permesso al virus di fare il salto di specie», ossia di compiere il passaggio dall'animale all'uomo, innescando l'epidemia umana facendo in modo che il nuovo coronavirus facesse parte di noi. Con le tre mutazioni finora identificate è stata ottenuta una sorta di carta di identità del virus che ci ha permesso di capire che "è più virulento rispetto a quello della Sars, ma meno pericoloso», cit. Benvenuto. La ricerca sulle mutazioni del nuovo virus prosegue e presto la stessa analisi condotta sulle sequenze del coronavirus in circolazione in Cina potrà essere condotta sul coronavirus che conosciamo in Italia onde stabilire se il ceppo italiano è lo stesso. Sembra sia importante continuare a seguirlo finché non sparirà perché è molto contagioso, anche se tre volte meno letale della Sars.

Questa la verità, pare accreditata, sul pericoloso "animaletto" che ci tormenta da quasi un mese e ha messo in ginocchio il Bel Paese. Detto ciò, mi pare interessante soffermarmi sulle curiose reazioni della gente comune, degli italiani in definitiva, ai dettami del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 08 marzo 2020, pubblicato in G.U. e recante "misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid 19", successivamente perfezionato dalle ulteriori misure di emergenza tra cui la dichiarazione di "zona rossa" per 12 province italiane del nord Italia - cui è seguito l'insorgere della protesta del Presidente delle Regione Veneto e di alcuni sindaci di comuni lombardi al grido di "esagerazione!", poi prontamente rientrate nei ranghi dopo l'aggravarsi della situazione con l'aumento dei contagiati e dei morti - e la definitiva dichiarazione di "zona rossa" per l'intera penisola, cui nessuno ha osato controbattere (e vorrei anche vedere!) e conseguente isolamento della popolazione nelle proprie abitazioni, salvo le attività definite agli allegati 1 e 2 del D.P.C.M. medesimo.

Per forza di cose, dopo l'isolamento in casa di tutta la popolazione, ragionevolmente imposto dal decreto e derogabile soltanto per "comprovate necessità", chi ha necessità di uscire in questo periodo deve auto-certificarle a mezzo di idonea dichiarazione, verificabile a richiesta dalle autorità preposte al controllo. Con il tempo si è stabilito che le comprovate necessità dovevano essere certificate non soltanto in caso di uscite in auto, ma anche in caso di uscite a piedi. Voglio anche ammettere che il Decreto non sia di immediata comprensione di tutta la popolazione, anche a causa di innumerevoli ambiguità interpretative dello stesso.

Ad esempio si è detto che era possibile uscire per le necessità fisiologiche degli animali domestici. Risultato: tutti in giro a far pisciare il cane e già che ci siamo prolunghiamo la passeggiata all'aria aperta perchè fa bello, c'è il sole è un peccato rientrare, prendiamo un po' d'aria buona e già che ci siamo il caffè al bar, e via dicendo, almeno una cinquantina di persone erano in giro con l'alibi della necessità fisiologica dell'animale domestico ma con la recondita finalità di farsi un giro dopo alcune ore di obbligato confinamento in casa.

Altro esempio: è possibile fare attività sportiva all'aperto. E certo! Naturale che sia possibile fare attività sportiva all'aperto mantenendo la distanza minima di un metro e quindi tutti fuori a fare attività sportiva all'aperto, ma in area urbana non è certo facile mantenere le distanze e se tutti ragioniamo in termini di necessità individuale ci ritroviamo fuori in centocinquanta. Risultato: tutti in giro a fare attività sportiva e quindi almeno una cinquantina di persone in giro a fare jogging (ma-tanto-non-faccio-del-male-a-nessuno-sto-distante-dagli-altri). Altro divertente esempio: l'autocertificazione per le uscite per serie ragioni opportunamente comprovate.

Ne abbiamo sentite di tutti i colori. Chi sosteneva che non serve l'autocertificazione per andare a piedi (ma-tanto-vado-a-piedi-al-supermercato-mica-in-macchina-che-male-posso-fare), chi sosteneva che basta girare con l'autocertificazione in bianco (comunque-se-mi-fermano-gliela-compilo-davanti-agli-occhi-così-non-possono-dire-nulla-io-sono-in-regola), e che comunque "è uno spreco di carta, devo fare sei autocertificazioni per andare al supermercato e a prendere il pane, e poi vado anche da mia madre, e poi insomma mica tutti abbiamo la stampante in casa" (certo che no, ma puoi anche scrivere a manina, ti ricordi che un tempo la stampante non esisteva?)

Abbiamo scoperto che gli anziani, nel mirino del virus in quanto affetti da patologie pregresse, insufficienze cardiache o respiratorie ed altre patologie dovute all'età avanzata, sono i più accaniti sostenitori della "libera uscita". Le ragioni per trasgredire e fare un salto all'osteria (quand'era aperta) o a far la spesa, o a far quattro chiacchiere sono molteplici e tutte valide dal loro punto di vista: "il negozio sotto casa è troppo caro", "il cane ha bisogno di fare una sgambata", "mia nuora mi ha detto che bisogna fare movimento", "ho passato una guerra io, ci vuole ben altro che il virus per mettermi KO".

Abbiamo scoperto che l'italiano medio (ma non solo) ha la sua personale interpretazione dei decreti ministeriali, enunciata in base alle peculiari necessità individuali che diventano di volta in volta improrogabili, improcrastinabili, indiscutibili, inderogabili, impossibili ed impensabili. Necessità che nessuno deve permettersi di mettere in discussione, neppure l'autorità pubblica chiamata a curarne l'osservanza, pena il sentirsi tacciare di razzismo, indiscrezione (ma-scusi-perchè-devo-spiegare-nel-dettaglio-dove-vado-e-cosa-faccio-sono-affari-miei-siamo-in-un-paese-libero), esagerazione, fanatismo e in preda di disturbo da stress. Intanto i contagiati crescono, così come i morti, e la percentuale dei guariti si aggirà intorno al 20%.

Non possiamo dire con certezza quando tutto questo finirà e come finirà, ma abbiamo davanti a noi l'esempio ed il modello della Cina, l'abnegazione del popolo cinese che ha accettato di buon grado l'isolamento ed il sacrificio di tutti indistintamente, l'enorme numero di contagiati, i moltissimi morti senza fiatare ma fornendo il personale contributo di ciascuno per l'interesse generale, ciò che ha fatto vincere una difficilissima battaglia.Quella Cina che oggi ci sostiene, ricordandosi che l'abbiamo sostenuta, e che ci viene in soccorso nel momento della più grande difficoltà, sapendone più di noi e mandandoci scienziati, biologi, approvvigionamenti di materiale sanitario, introvabili mascherine e medicinali. Checchè possiamo dirne il popolo cinese è un grande popolo dal quale dovremmo tutti prendere esempio.

La silenziosa lotta condotta da ogni singolo cinese per il bene comune, senza lamentarsi in continuazione e dando prova di resistenza ed abnegazione, ha portato ad un grande risultato in sette settimane: il contagio in Cina, nelle aree maggiormente colpite, è nettamente diminuito ed il virus certo non è sconfitto, ma grandemente arginato. Parliamo di una grande civiltà, di un'altra cultura, di un popolo diversissimo da noi ma che nulla ha da invidiare alla nostra cultura, alla nostra grande storia. Prendiamo esempio dai cinesi: insieme, tutti insieme, possiamo farcela anche noi.

Monica Zuccato, Treviso 13/03/2020 #qzone.it
Foto reperita in rete.

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