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20231206 VM la gabbiaIeri sera sul canale Mediaset 34, per la serie Bellissime, ho potuto osservare sin dai primi fotogrammi tutti i 101’ del film La gabbia, permettendomi così di recensire questo lavoro tutt’altro che banale, uscito nel 1985 a regia Giuseppe Patroni Griffi su un soggetto di Francesco Barilli. Le attrici “bellissime” erano più di una: Laura Antonelli, quarantaquatrenne all’epoca in cui uscì il film, le sorelle spagnole Blanca e Cristina Marsillach, Florinda Bolkan e Laura Troschel: di queste solo le prime tre han avuto inquadrature ammiccanti, pur se anche le ultime due possono essere a buon titolo considerati dive sexy della commedia erotiche italiana. Inizierei commentando subito la catalogazione di questa pellicola che

Wikipedia (rif. 1) classifica come erotica/drammatica, omettendo due aspetti che caratterizzano in modo significativo l’opera, le forti tinte BDSM che a più riprese colorano questo dipinto e il fatto che questo film può anche essere considerato un thriller e proprio per non togliere la curiosità vedrò di non dettagliare la trama, permettendo a chi non l’avesse visto di godere dell’aspetto forse più interessante di tutta la pellicola sulla quale, lo premetto, le opinioni possono essere molto differenti.

Il sito Davinotti (rif. 2) anche in questo caso può ben sintetizzare questa divergenza di vedute ed ecco che per Cotola è: “Quasi più interessante la versione thriller che quella erotica, e ciò, purtroppo, non è un complimento per una pellicola che punta molto sull’aspetto sensuale”. Per questo opinionista la recitazione di tutti i protagonisti è scialba e tutto il film è da considerarsi scadente. Buiomega71: “Patroni Griffi firma il più morboso e tetragono degli erotici italiani degli anni ’80. […] un piccolo gioiellino sottovalutato”; come potete leggere questo critico lo ritiene un ottimo lavoro; altre opinioni tutte interessanti non le riporto e procedo con la mia analisi sperando di chiarire perché c’è chi disprezza questa pellicola mentre c’è chi la ritiene interessante.

Sin dalle prime scene ci sono delle immagini che vogliono indicare il percorso che la trama vorrebbe solcare, in una inquadratura introduttiva la telecamera vaga in un mercato dove, tra i prodotti in bella evidenza, vi sono anche delle ostriche, cibo considerato afrodisiaco, e il protagonista maschile, Michael Parker, che di professione fa il pubblicitario, in una delle inquadrature iniziali osserva delle stampe fotografiche: una delle due, fugacemente messa a fuoco, vede protagonista il primo piano di una bella gamba di donna corredata di elegante scarpa con tacco, uno scatto molto seducente a mio gusto, dove miniaturalizzato appare anche la figura di un uomo intero.
Messaggio chiaro, la sensualità della donna schiaccia l’uomo che è un essere inferiore, annichilito e in ammirazione, quasi in adorazione, di fronte alle armi di seduzioni femminili. Solo un appassionato di fotografia come chi vi scrive poteva notare questo dettaglio che anticipa allo spettatore uno dei temi che sarà protagonista nel film: il BDSM dove a farla da padrona è la donna. 

Inizierei proprio spiegando il significato recuperato in rete inerente a questa sigla: Bondage (ovvero l’interesse per le corde, ed il legare) Disciplina, Dominazione, Sottomissione, Sadismo e Masochismo. Molti di questi elementi saranno protagonisti durante la pellicola, ma già qui ecco che compare una prima grande incongruenza: chi pratica quest’arte, se così la vogliamo chiamare, sia se veste i panni dell'essere superiore (il “Dom”) , sia se riveste i panni di chi subisce l’altrui volontà (il “Sub”), comunque accetta il gioco per provare piacere. Durante la trama del film solo nelle situazioni legate al passato si può parlare di piacere reciproco nel praticare questi giochi, mentre la realtà del “presente” è vissuta con sofferenza da tutti i protagonisti, e già questa cosa è una nota stonata che gli appasionati del tema avvertirebbero subito. Devo per forza di cose, a questo punto, iniziare a parlare della trama, per poter proseguire nel discorso.

La Trama

Michael Parker, (Tony Musante) è un libero professionista che ha uno studio a Parigi dove lavora anche la collaboratrice Marianne (Laura Troschel) che non pare essere trattata con molto garbo, il seguito del film ci dirà che Parker è un maschilista che però ha una bella relazione con Hélène Marcò (Florinda Bolkan) una donna che dal matrimonio ha ricevuto in eredità un figlio. Il ragazzino è un ostacolo per l’amore della coppia, ma non rappresenta un problema insormontabile; tra alti e bassi la relazione funziona anche perché i due si amano. A rompere la normalità della relazione vi è il casuale (?) incontro che il latin lover fa con Marie Colbert, (Laura Antonelli). La donna, vedova da un pezzo, aveva avuto con lui una conoscenza intima quand’erano giovani e, una volta ricongiunti, dopo lustri, finiscono per parlare nell'appartamento di lei dei tempi passati dove la normale conclusione dell’incontro è tornare a rinverdire l’intesa sessuale che dall'epoca s'era interrotta. Non sono per nulla disturbati dalla presenza di Jacqueline, (interpretata da Blanca Marsillach) la giovane figlia di lei, poco più che adolescente, che osserva in silenzio l’intesa della madre con l’uomo, senza, in un primo momento, ostacolare in nessun modo il feeling che regna tra i due. Sorprende in chi scrive la disinvoltura con cui la coppia ritrovata vive le  loro effusioni di fronte alla giovane la quale reagisce palesando una falsa indifferenza, la telecamera lascia  trasparire una certa morbosa curiosità nel osservare di soqquatto le evoluzioni tra i due.

Mi ero ripromesso di dare poche informazioni circa la trama per non togliere curiosità a chi approccia alla pellicola,  ma devo per forza di cose precisare che nel film appaiono numerosi flashbacks che riportano al passato, quando Parker e la giovane Marie Colbert, interpretata in questo caso da Cristina Marsillach, si conobbero. Proprio nei ricordi del passato si trova la chiave per comprendere il presente che si sta concretizzando: Marie per non veder sparire come allora l’uomo che ama, lo legherà al letto e lo incatenerà, dopo averlo narcotizzato, avendo come complice in questo sequestro la figlia, che si dimostrerà attratta dall’uomo, andando in competizione ed in conflitto con la madre. 

La situazione diventa una chiara violenza dai toni piccanti, tutti i contendenti cercano in vario modo di portar acqua al proprio mulino, sfruttando l’arma della sensualità, e cercando di sedurre. Marie pensa di innamorare Michael con il suo fascino, legandolo definitivamente a se, Michael per sfuggire dalle catene cerca di sedurre Jacqueline comprendendo che la giovane è attratta da lui. Come finirà? Non lo posso svelare, ma sappia il lettore che mentre il gioco di seduzione tra il trio sopra descritto si va a sviluppare, lontano da quell’appartamento Hélène Marcò si attiva per rintracciare il suo uomo che pare sparito senza ragione, scoprendo durante queste ricerche che il suo compagno è un traditore e che quando vuole si concede scappatelle senza farsi troppi problemi. Continuerà Hélène nelle sue ricerche o adesso che sa amare “uno stronzo” lo lascia al suo destino?

Il film si avvale altre che di una storia a suo modo interessante, anche di una ricchezza di personaggi che sono tutti ben dettagliati, chi gode dello spettacolo capisce che tipo di uomo è Michael, che tra Marie e la figlia c’è un rapporto di complicità, ma anche di rivalità: Marie invidia alla figlia il forte carattere e la giovinezza, la ragazza dal canto suo teme di non poter competere con l'avvenenza della madre e la cosa le da insicurezza. La segretaria di Michael non stima poi troppo il suo titolare, pur svolgendo le proprie mansioni con la giusta discrezione e con zelo professionale; viene quasi il sospetto che parte del rancore che la segretarie lascia trasparire non dipenda solo dalla relazione padrone/dipendente, ma sia anche la conseguenza un interesse della stessa verso il bel uomo, che per qualche ragione non spiegata non si innescò chissa quando... C’è poi Hélène Marcò stressata dal figlio che è un discolo, ma anche da sua madre che le fa capire che gli uomini non li sa proprio scegliere. 

Personaggi ben dettagliati, ma anche una fotografia che sa cogliere i dettagli, dettagli che sono abbondanti nel film, non sono insomma le solite scene dove ogni tanto si vede un fondoschiena o un seno… al contrario i momenti e le immagini forti sono centellinate, pur essendo presenti. Il lavoro del regista è chiaro, sta cercando di conquistare il fruitore dello spettacolo lavorando sul cervello e non puntando alla pancia con immagini senza veli. La conquista del pubblico non è così semplice perché, come avete potuto comprendere, i rapporti fisici e amorosi sono tutti complicati e nessuno del pubblico può facilmente immedesimarsi in qual si voglia protagonista. Quale donna vorrebbe mettersi nei panni di Hélène Marcò, con un matrimonio fallito alle spalle ed una relazione che non vive con serenità causa il figlio che in parte gli rappresenta un peso? E' una madre che fa fatica, ed una donna che cerca di difendere una relazione osteggiada da sua madre...

Analogamente, quale donna vorrebbe mettersi nei panni di Marie Colbert che fu abbandonata dopo essere stata sedotta in giovane età da un uomo che seppe darle sensazioni indimenticabili, tali da offuscare tutto ciò che le accadde negli anni a venire? E chi vorrebbe mettersi nei panni della giovane Jacqueline, privata del padre che non fece in tempo a conoscere, per trovarsi morbosamente legata ad una madre estremamente sexy, quindi facilmente ammirata dagli uomini, che diventa un modello da eguagliare, ma anche un modello di comparazione con il quale teme di non poter competere? La giovane per lustri ha sentito parlare di quel suo grande amore passato, ed ora è li, incatenato di fronte a lei, non è solo l'occasione per concedersi del piacere fisico, ma anche l'opportunità di risolvere tutte le paure sopra descritte…. 

Ecco che, a mio avviso, nessuna donna potrà immedesimarsi nelle protagoniste, ma neppure il pubblico maschile potrà fare lo stesso con l’unico attore del proprio sesso: il grande scopatore, il play boy dal grande sex appeale,  finisce per essere legato come un salame, capirai che risultato...

Chi ama il BDSM egualmente non può immedesimarsi in nessuno dei protagonisti per le ragioni già esporte, nessuno prova piacere nel ruolo che interpreta, e a tal riguardo c’è una scena che la dice lunga sulla relazione perversa che si va a creare: permettetemi di descrivervela. Michael è costretto a farsi il bagno da Marie, che ad un certo punto consegna l’arma (una pistola) alla figlia per poter lei accarezzare con il sapone il corpo dell’uomo che tanto ama. Abbiamo colei che sta imprigionando Michael (e che nei fatti conduce il gioco), che vorrebbe solo essere la geisha allo stesso... Il suo ruolo come potete comprendere è ambiguo, d'altra parte l’uomo maschilista, colui che prende quando vuole e abbandona quando è stanco, ora è succube delle due donne, ed è lui diventato un giocattolo nelle mani delle due femmine. La giovane che pure ha in mano "le chiavi" che potrebbero liberare Michael ha un potere che non vuole e le crea tensione... Mi posso fermare qui! Torniamo al pubblico maschile che, lungi dal riconoscersi in questo modello, manco ha la possibilità di vedere un film dove si copula e si vedono corpi nudi senza troppi problemi. Il film che sta osservando, al contrario, propone scene di seduzione tutte complicate dalla trama, senza troppo esibire i piacevoli corpi delle varie protagoniste. Il regista sta realizzando un film erotico, e non un porno. 

Spero aver individuato le ragioni per le quali il pubblico di varia natura, rimane per la gran parte insoddisfatto da questo film che però è un opera d’arte: si pensi all’importanza della musica, (è Ennio Morricone il compositore), che aiuta a capire la pazzia di madre e figlia con ritornelli ossessivi, estremamente funzionali, ma, anche quelli,  per nulla seducenti. Personaggi dettagliati, dicevo, trama articolata, musica mirata, fotografia, ma anche i dialoghi sono studiati e non “gettati li a casaccio”, mai troppo lunghi lasciando alla musica e alle immagini il ruolo di dettagliare gli stati d’amino e la complessità delle relazioni. Riporto un paio di battute che mi sono segnato; Marie dirà all’uomo che ama: “ … l’erba cattiva cresce in fretta e si trasforma…!” anticipando quel che nel prosieguo si andrà a scoprire. Michael invece dirà a Marie: “...forse nella vita ci si perde per ritrovarci migliori di prima…!” e la scorrere dei fotogrammi sentenziarà che il grand'uomo non ha capito proprio nulla di chi si trova di fronte.

Siamo al momento delle conclusioni e affermo che il tema narrato dalla pellicola è di assoluta attualità: si sta narrando una storia d’amore dove l'amore è visto come diritto al possesso, è un amore morboso! Chi ama si arroga il diritto di poter anche ammazzare l’amato se questi non contraccambia il sentimento, o non lo fa nei modi voluti. L’amore, ma dovrei mettere tra virgolette questo vocabolo, è visto qui come un legame che toglie la libertà all’altro e le corde e le catene presenti in più riprese servono a questo: a vincolare e non per realizzare giochi piacevoli per un certo tipo di adulti. L’originalità di queste affermazioni sta nel fatto che questo tipo di amore malato, non è posto in essere come molta cronaca dei giorni nostri propone, da un uomo nei confronti di una (o più) donne, ma da due donne nei confronti di un uomo, ribaltando la situazione e contribuendo a rendere forse per questo chiaro anche al pubblico maschile che certi atteggiamenti sono  ingiustificabili.

Per concludere direi che l'intera storia ha per protagonisti soggetti amanti della società liquida già trattata nel nostro blog (rif. 3). Michael è il prototipo del’uomo che insegue il piacere pronto a cambiare strada quando l'interesse gli viene meno, disinteressandosi delle conseguenze. D’altra parte anche Marie e la figlia sono coerenti con questa società: che problema c’è se la madre bacia a piena bocca il compagno occasionale di fronte alla figlia e si fa da lui accarezzare nei punti sensibili? Nulla di strano, pare le due donne stiano anticipando la società dei giorni nostri dove il piacere giustifica tutto e pare essere cosa encomiabile! Anche l'idea di scambiarsi il partner pare una opportunità da non scartare. La donna non voleva l'emancipazione? Ecco che qui ambedue, al pari dell'uomo, prendono ciò che vogliono, e nella società del consumismo non solo le donne sono trattate come oggetti, ma anche un uomo avvenente lo può diventare, relegato ad animale di compagnia e legato come un cane che ogni tanto si porta a fare i bisognini... D'altra parte l'età non è un ostacolo e sia la madre che la figlia cercano solo il proprio piacere.

Ecco, forse il finale di questo lavoro spiega perché tutta questa liquidità, questa ricerca edonistica fine a se stessa,  non è poi così auspicabile.

La gabbia non è un film leggero come molte commedie erotiche ho recensito, dove si vedono le bonazze fare la doccia mentre dal buco della serratura c’è chi le spia… Qui l’amore e l’erotismo vengono visti anche come dramma che fa soffrire e che lascia il segno; cicatrici talvolta indelebili. 

Concludo evidenziando come alcuni dei temi posti in essere da questa pellicola sono stati poi ripresi da Pedro Almodòvar nel suo Légami (1989) dove i protagonisti erano Victoria Abril e Antonio Banderas, da notare che forse non per caso, anche in quella pellicola spagnola le musiche furono affidate ad Ennio Morricone. Qualche anno a seguire altri temi toccati da La gabbia furono riproposti e sviscerati da Roman Polanski in Luna di fiele (Bitter moon) – 1992 dove la moglie del regista, Emmanuelle Seigner e Peter Coyote con Hugh Grant furono  i protagonisti; tutte queste pellicola ebbero maggior fortuna, ma la primogenitura spetta al lavoro di Giuseppe Patroni Griffi. 

C’è il sospetto che questi temi, così sviscerati, siano stati fosse troppo precocemente posti sullo schermo per essere apprezzati da un pubblico ed una critica che all’epoca si stava abituando ai cinepanettoni. Per me La gabbia è sicuramente un lavoro ragguardevole, ma come tutte le opere d’arte crea divergenza di vedute, le critiche agli attori risultano pertanto a mio avviso infondate perchè tutti contribuiscono con la loro recitazione a confezionare un prodotto che può risultare indigesto, che disturba, ma che, a ben riflettere, forse è proprio il fine che si riproponeva chi ne ha ideato la storia. In conclusione non è La gabbia un film che stimola al piacere, come molti spettatori pensano di godere ponendosi davanti al video, ma piuttosto un film che tocca nervi interiori, all’antitesi di altri film dove la protagonista era Laura Antonelli che per me si è ben disimpegnata. Alcune delle critiche lette esprimono un grande apprezzamento per l'interpretazione di Tony Musante, di certo non le contraddico, ma pochi citano Blanca Marsillach, dicianovenne all'epoca delle riprese, che a me ha colpito favorevolmente, e lo voglio evidenziare, così come quella certa somiglianza fisica tra la Antonelli e Cristina Marsillach, mi convincono che anche la ricerca del cast non è stata realizzata con leggerezza... In conclusione qui nulla è stato lasciato al caso, così come si conviene ad un’opera d’arte ben realizzata.

Mirco Venzo, Treviso 03/12/2023 #qzone.it

Rif. 1 https://it.wikipedia.org/wiki/La_gabbia_(film_1985)
Rif. 2 https://www.davinotti.com/film/la-gabbia/13316
Rif. 3 http://www.qzone.it/index.php/q-themes/mirco-venzo/778-bauman-e-la-societa-liquida

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