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20170215 VM Karl MarxIn questo scritto riassumo, come meglio posso, (al solito), la descrizione di Matteo Saudino (video rif 1) del concetto marxista di alienazione. Il filmato si divide in due parti, nella prima parla della critica che Karl Marx fa al sistema economico del liberismo, nella seconda il docente approfondisce i quattro concetti di alienazione conseguenti proprio a questo sistema socio/produttivo. La fonte originaria di questi concetti, precisa l’insegnante di filosofia cui mi sono ispirato, sono i manoscritti economico filosofici del 1844 (rif 2) pubblicati dopo la morte del filosofo tedesco.

Alienazione: l’alieno è chi è altro, che non siamo “noi”. L’alieno è uno straniero.
Marx individua quattro tipi di alienazione causati dal sistema economico capitalista ovvero individua quattro situazioni in cui l’individuo si divide da se stesso, da ciò di cui è parte. Sono per tanto quattro fonti di sofferenza che hanno origine sociale e non personale.

La prima alienazione riguarda la merce che ha prodotto. Lui, l’operaio, mette una parte di se stesso nella merce che ha generato. C’è la sua fatica, la sua abilità, il suo tempo… ma se nel sistema economico precedente il produttore, l'artigiano, terminata la sedia o la camicia vedeva il frutto del suo lavoro, vedeva, la sedia o la camicia, e questa era "sua" sin tanto che non la vendeva, l’operaio che ha parcellizzato il proprio lavoro, non può mai dire quella sedia o quella camicia è mia, perché frutto di un processo che ha coinvolto più persone oltre che delle macchine. Alla fine della giornata quest’uomo vede delle sedie o delle camice ma sa che anzitutto non sono sue, e in seconda battuta manco può dire “le ho fatte io”.

Forse è più chiaro se il concetto lo sposto nei biscotti fatti dalla bambina che usa farina e uova di mamma, ma quando i biscotti escono dal forno può offrirli a fratelli, nonne o genitori dicendo “Questi li ho fatti io”! Quella bimba è appagata dal suo lavoro; il suo amore, il suo tempo hanno prodotto qualcosa che l’ha arricchita interiormente. Le uova e la farina non sono mai stati suoi (erano dei genitori) i biscotti non hanno generato reddito (non incassa denaro) ma è comunque gratificata dal suo lavoro. Cresce l'autostima in se stessa, si sente utile. Questo sistema capitalista, ci dice Marx, parcellizzando il lavoro, impedisce questa soddisfazione tra gli operai che a turni girano attorno alla catena di montaggio, al telaio, all’altoforno.

Il risultato di quel processo è tutto del padrone, del capitalista che magari manco ha mai messo piede in fabbrica; ciò nonostante è solo lui a poter affermare “Questo è mio!” anche se, di fatto, si sta impossessando del lavoro che non è suo. E’ una contraddizione del sistema capitalistico che per produrre merci ha bisogno del lavoro del salariato, ma che non gratifica il lavoratore di cui si serve. Riassumo un ultima volta il concetto, mentre il sarto o il falegname percepiscono alla fine della giornata il frutto del loro lavoro, e questo li appaga (ecco la "mia" camicia, la "mia" sedia) l’operaio industrializzato vede uscire sedie e camicie dove lui ha solo messo la vernice (e basta) o il bottone (e basta). Si sente estraneo a quella merce che ha prodotto, anche se lì c’è una parte di se che sente gli è stata tolta e, giorno dopo giorno, si sente sempre più svuotato, inutile.

Questo sistema produttivo aliena l’operaio anche rispetto alla propria attività. Attività che ha delle caratteristiche ben precise, è ripetitiva, è monotona ma soprattutto, precisa Saudino, è coercitiva. Io son obbligato a vendere il mio lavoro, a fare quei gesti odiosi se voglio avere un salario con cui nutrirmi e nutrire i miei figli (ovvero la prole da cui la parola proletariato). In una società di mercato l’individuo (tranne qualche rara eccezione) è costretto a lavorare, in altre parole deve, seppur controvoglia, cedere il proprio tempo per realizzare quelle merci che, come sopra descritto, lui percepisce come estranee da se stesso. Non solo quindi per tutto il giorno ha prodotto qualcosa che non lo soddisfa, anzi lo svuota, ma è pure costretto dalla necessità a farlo, aumentando in lui il senso di frustrazione.

Da questa constatazione emerge una terza alienazione, quella della propria essenza. L’uomo nasce per essere libero, ma se sei obbligato a lavorare da questo sistema economico, ovvero sei costretto a fare qualcosa che tu non faresti mai, (metterti di fronte ad una macchina e compiere quel gesto ripetitivo), significa che libero non sei, hai perso la tua libertà. La cosa è analizzata da Marx ed Engels anche dal punto di vista sociale. L’uomo, privato della sua libertà, costretto dalle leggi di mercato e dal sistema capitalistico a diventare appendice della macchina, a compiere per dieci / dodici / quattordici ore lo stesso movimento, nella risaia, nell’altoforno siderurgico o altrove, quando torna a casa mangia e va distrutto dalla fatica a rovesciarsi in un letto. Ha terminato la sua giornata senza aver fatto nulla che lo faccia sentire vivo, che l’abbia valorizzato.

Questo ogni giorno, ogni settimana, ogni mese e via via sino alla morte. L’uomo in una simile situazione sente una parte di se essere estranea a se stesso. Dice Saudino, “L’uomo diventa bestia”! Fenomeni conseguenti a questo stato di cose sono la prostituzione e l’alcolismo. Perché si diffondono questi fenomeni descritti anche  da Charles Dickens nei suoi romanzi? (lo scrittore è coetaneo a Marx ed Engel e vive proprio nell’isola della rivoluzione industriale). Perchè è mutata la struttura produttiva, il contadino costretto ad abbandonare la campagna dove era inserito in un contesto sociale ora, trasformato in operaio/proletario si ritrova solo, estraniato nella grigia città. Non ha tempo, energia, capacità di creare “legami”, di dare un senso alla propria giornata e alla fine della stessa come può reagire? Può cercare un senso rivolgendosi al cielo (la religione per Marx è considerata un oppio) o andare a prostitute, cogliendo almeno un attimo di piacere, anche se effimero, o affogare il proprio vuoto (la propria alienazione) nell’alcool. Magari si ritrova ad alternare le tre cose, trovandosi dopo l'ennesima sbornia con le mani in testa a pentirsi al cospetto della sua divinità, per poi ricadere di li a poco negli stessi vizi.

(Per inciso il tema mi appassiona molto anche perchè ho dovuto descrivere questi identici temi - rif 3 - narrando la mia esperienza nella Repubblica Domenicana. Sorprendentemente persone che si dichiarano di sinistra hanno criticato questa mia descrizione del paesaggio sociale affermando che non ho saputo interpretarlo. Scopro ora però che Marx/Engels avevano fatto osservazioni simili alle mie ndr).

Ultima forma di alienazione è quella rispetto agli altri uomini. Perché in questo sistema socio produttivo la gente è divisa in due categorie: il ricco ed il povero, c’è chi ha e chi non ha. C’è chi ha i mezzi di produzione (il Capitale) e chi non ce l’ha (il lavoratore). La mondina che sta piegata dieci ore nell’acqua che ha le mani rovinate, che presto sentirà fiorire dentro di se l’artrite e i reumatismi, che presumibilmente morirà giovane, senza poter godere della compagnia dei figli, fa una vita molto diversa dalla donna borghese, ben vestita, che cammina con il capellino per andare a giocare a bridge o a bere il tea nel circolo (magari umanitario). Non sono la stessa cosa, ma cose distinte, molto differenti. Questo crea divisione, alienazione. La stessa società è divisa in due (le famose classi sociali).

Il passaggio da una forma di alienazione e un'altra come può intuire il lettore è molto labile. Rimane un fatto, sono tutte conseguenti al sistema socio produttivo e si capisce perché Marx ritiene che questo sistema vada cambiato. S’intuisce anche chi lo andrà a cambiare secondo la sua visione, proprio queste persone sofferenti nel momento in cui prenderanno coscienza di cosa genera il loro disagio esistenziale; allora, e solo allora, scenderanno in piazza per ribaltare tutto. La storia ha parlato chiaro, dai tempi di Marx questo processo non è avvenuto ovunque e poche volte spontaneamente. Quanto poi quest’alienazione sia stata alleviata o implementata dai sistemi comunisti è oggetto della mia personale ricerca.

Ricordo al lettore che il termine stakanovista nasce da un operaio russo, Aleksej Grigor'evič Stachanov che in sei ore estrasse quattordici volte la quota di carbone prevista dai burocrati di partito per lavoratore. (rif 4) Aleksej operava ai tempi di Stalin che lo encomiò. Quanto potesse sentirsi libero, realizzato, un operaio stalinista è da capire e su ciò mi interrogo. Così come oggi m’interrogo su cosa possa oggi generare il terrorismo. Voglio dire non mi pare umano che uno nasca e dica “da grande voglio fare il terrorista” ovvero imbottirmi di tritolo per ammazzarmi avendo la soddisfazione di aver ammazzato qualcun altro. Queste persone hanno delle tare e sono tare loro personali o sono legate ad un sistema sociale da cui vogliono uscire?

Non solo, esiste una forma di terrorismo interno al nostro mondo e nello specifico a noi abitanti del Nord-Est: il suicidio. L'atto di eliminazione di se stesso che è chiaramente fenomeno di alienazione (estraniarsi, allontanarsi da se stesso, dal sistema che ci opprime oltre che dal mondo e dalla propria famiglia). Senza parlare poi del fenomeno dei giovani che sono seduti uno di fronte all'altro e invece di relazionarsi tra di loro paiono sconnessi  per rimanere legati solo al loro cellulare. Non sono forse anch'essi alienati dal resto del mondo (dove alienati significa, lo ricodo, essere  estranei, stranieri, a chi ti ha di fronte. - Rif 6).

Temi questi ultimi non affrontati da Karl Marx, ma che lo rimettono in gioco. Nuove forme di alienazione paiono scaturire da questo sistema socio economico differente dal sistema studiato dal pensatore di Treviri, pensatore che oggi mi ritrovo a rimpiangere proprio perchè lui non c'è più per analizzare e abbozzare chiavi interpretative utili a comprendere, e magari a sciogliere, queste evoluzioni, questi nodi generati da una realtà complessa. Interessante notare che la soluzione è tanto più ostica e difficile da districare anche perchè i sistemi marxisti oggi sappiamo aver tutti fallito, lasciando la certezza che è proprio il sistema capitalistico la causa di questi disagi, cosa profetizzata con ampie motivazioni, dal barbuto pensatore tedesco e dal suo inseparabile amico. 

 Mirco Venzo, Treviso, 14/02/2017 #qzone

    Rif 1 https://www.youtube.com/watch?v=XaDde32TU..
    Rif 2 https://it.wikipedia.org/wiki/Manoscritti_econom...
    Rif 3 https://www.ibs.it/fotografia-di-santo-domingo-lib...
    Rif 4 https://it.wikipedia.org/wiki/Stacanovismo
    Rif 5 http://www.qzone.it/index.php/q-travels/26-travel...
    Rif 6 http://www.qzone.it/index.php/articoli-venzo-mirc...

Nota: Come sempre invito a visionare la fonte originaria che ha prodotto l'articolo (rif 1). Nel riassumere i concetti. Nel contestualizzarli, il rischio di deformarli è concreto. Lascio al lettore valutare quanto corretto sia il lavoro di sintesi/approfondimento di Matteo Saudino, sperando nel contempo di aver stimolato spunti di riflessione con le mie righe. Il lettore attento sa che i concetti trattati non sono semplici anche se sono estremamente importanti, almeno a mio parere, tanto importanti da rischiare di espormi a delle critiche pur di riportarli in auge.

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