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20180412 VM lager gulagLe differenze

In un primo articolo (rif. 1) ho cercato di trovare delle affinità tra due strutture simili presenti in due nazioni che si sono proposte una contro l’altra anche militarmente: i lager tedeschi e i Gulag sovietici. Lo scopo di quest’articolo è cercare di individuare delle differenze tra le due strutture. -. La prima grande differenza è che nei Gulag si entrava dopo un processo, mentre nei lager tedeschi no

Sia Anne Applebaum (Rif. 2) che Aleksandr Solženicyn (Rif. 3), le mie due fonti, ritengono il processo in cui si assegnavano gli anni di detenzione ai malcapitati delle emerite farse, detto diversamente l’imputato per il fatto stesso di esser stato portato davanti al giudice era già designato come colpevole, ciò nonostante un processo, formale sin che si vuole, c’era, cosa che i detenuti dei lager non avevano. Questo aspetto merita di essere sottolineato perché se vi è molta affinità tra le due strutture detentive: entrambe avevano come obiettivo quello di togliere le “mele marce” dal resto della società che si voleva preservare pura, ma il pericolo che le due diverse ideologie individuavano era sostanzialmente diverso.

Nel caso tedesco il vizio, il difetto era principalmente congenito. Un ebreo, oppure un omosessuale o uno zingaro, hanno nel loro dna, diremmo oggi, la tara che li rende irrecuperabili, quindi non c’è nessun giudizio da dare per stabilire se sono o meno colpevoli di alcunché. Questo almeno dentro la visione ideologica nazista che si basava sul mito della superiorità della razza ariana. Va da se che se gli archivi dicono che tizio è figlio di una coppia di ebrei, va rinchiuso, senza necessità di sentire la sua opinione e tanto meno senza sentire un eventuale avvocato difensore. Se sei ebreo vai eliminato, se sei ariano vieni gestito in altro modo. Nel caso sovietico invece la situazione è diversa. Ogni abitante dell’Unione sovietica sulla carta nasce con gli stessi diritti, è il suo comportamento che lo rende un “traditore” o un “sovversivo” o un “sabotatore”. Sono le sue idee politiche che costringono l’autorità a individuarlo, processarlo e isolarlo. Rimane il fatto di stabilire quali siano le idee da ritenersi dannose e quali no, e di qui la necessità di un processo che faccia delle valutazioni. Questa differente concezione del detenuto ha delle conseguenze pratiche, che determinano altrettante differenze tra i sue sistemi detentivi.

.- Il detenuto del lager non ha nessuna via di salvezza
Il detenuto tedesco non ha nessuna possibilità di redimere una tara che l’ideologia ritiene intrinsecamente legata al suo sangue. Ne consegue che queste persone, una volta individuate, dovevano sempre essere isolate dalla società ritenuta “sana”. Viene ipotizzata e poi attuata una soluzione finale (Rif. 4) . Strutture come i campi di sterminio sono la diretta conseguenza di questa impostazione. Ricordo al lettore che i campi di sterminio erano solo tre/quattro secondo alcuni autori, cinque/sei secondo altri, ovvero una parte infinitesimale rispetto ai circa quattordici/quindicimila campi di detenzione sparsi in tutto il territorio controllato dai nazisti. L’esistenza dei campi di sterminio non esclude l’eventualità negli altri campi che i prigionieri morissero, anzi era pure stato calcolato quanto in media dovessero vivere, e v’erano addirittura i mezzi per eliminare in modo igienico e pratico le loro spoglie: i forni crematori.

.- Nei lager tedeschi vi sono i forni crematori, nei Gulag no
Apro qui una parentesi scrivendo dei forni crematori che sono una peculiarità dell’organizzazione tedesca. In un primo momento le autorità tedesche ritennero di seppellire le salme delle persone eliminate facendo una scomoda scoperta: la gran quantità di cadaveri sepolti nelle fosse comuni finivano per fermentare creando tutta una serie di situazioni disdicevoli: un fetore terribile che veniva percepito da chiunque, infatti il terreno, sotto l’effetto del processo di fermentazione, si movimentava, e riportava in superficie i resti, ossa e teschi, di chi si era stato eliminato. Questo rendeva palese anche ai “civili” che fine facessero coloro che venivano internati, e la cosa non andava bene. I forni crematori sono quindi la risposta tedesca a questo tipo di problemi, risposta che non era sistematica. Se alcune strutture detentive erano dotate di forni crematori, non tutti i campi ne avevano. In particolare la stessa Treblinka, che fu il maggiore dei campi di sterminio, ne era priva. In quel campo i cadaveri venivano posti su tralicci ferroviari e arsi all’aperto prima di finire in fosse comuni. Altre strutture, tra le quali anche una piccola centrale di smistamento italiana, la Risiera di San Saba, erano invece dotate di forni crematori. Questo problema di igiene e di “riservatezza”, se così vogliamo definirlo, non fu mai avvertito dalle autorità sovietiche che non a caso mai cercarono una soluzione strutturale come di fatto risultava essere il forno crematorio.

.- Nei campi di sterminio tedeschi c’era il problema psicologico dei carnefici
Sono tutti corollari alla prima affermazione, ovvero che chi entrava nei lager non aveva via d’uscita e l’unica cosa da stabilire era quando tempo avrebbe dovuto/potuto vivere. Nei Gulag invece (benché malnutrizione, freddo e malattie causassero tassi di mortalità del 20/25% annuo in taluni casi) sulla carta il deportato doveva vivere il più a lungo possibile, non fosse altro perché doveva essere produttivo. Ricordo al lettore che sia Gulag che lager erano entità produttive a lavoro coatto (Rif. 5). Il problema dell’eliminazione dei prigionieri, in tal senso, era solo tedesco. La prima soluzione utilizzata, il colpo sulla nuca dello sventurato posto sull’orlo di una fossa dove poi il cadavere rotolava, aveva delle controindicazioni: risultava stressante per molti militari, senza contare che quando i numeri dei decessi doveva essere implementato rappresentava un “collo di bottiglia”. L’uso del monossido di carbonio e dello Ziklon B è la risposta a questa necessità: i malcapitati una volta concentrati dentro degli spazi chiusi venivano eliminati tutti in una volta, in modo “meno traumatico” per i carnefici. Tutta questa serie di problematiche non è presa in considerazione dal mondo sovietico che, per inciso, non si pose problema di sorta neppure quando decise di eliminare 21.857 polacchi nella foresta di Katyń. Tecnica usata il colpo sulla nuca dopo aver verificato l’esattezza dei dati anagrafici. (Rif. 6)

.- Uso di detenuti come cavie, peculiarità solo tedesca
Il mondo nazista considerava alcune persone inutili, anzi dannose per il tessuto sociale, persone che dopo la conferenza di Wannsee si decise dovevano essere eliminate, la famosa “soluzione finale” (rif. 4). Il punto era, come potevano risultare utili persone che per definizione erano da eliminare? Ad esempio per sviluppare ricerche mediche, ed ecco che in alcuni lager venivano condotti sui prigionieri studi specifici. A tal riguardo va ricordato che sotto il regime nazista non veniva sacrificato nessun animale per la sperimentazione scientifica e farmacologica. Per tali queste necessità venivano utilizzati ebrei e zingari, spesso bambini, inadeguati al lavoro. Non ho notizie che quest’uso dei prigionieri sia stato pianificato scientemente dai sovietici, ma chissà se anche in qualche Gulag non vi sia stato chi, magari, ha approfittato della situazione! Verso la fine dell’epopea sovietica molti dissidenti venivano rinchiusi in manicomi dove potevano essere utilizzati sia l’uso di farmaci sia l’elettroshock, (Rif. 7) ma definire cavie questi presunti malati sarebbe un errore intellettuale. Le autorità e i medici sovietici non facevano sperimentazione di trattamenti e farmaci, al contrario usavano metodi conosciuti per sfiancare la resistenza intellettuale dei dissidenti che sapevano essere sani.

.- interscambiabilità dei ruoli in Unione Sovietica
Se uno è ebreo o zingaro per diritto di nascita, e nel regime nazista una volta individuato finisce in un lager, il cittadino sovietico al contrario nasce libero e uguale a tutti gli altri suoi compagni. Non tutti però sono degni di tale fortuna e il regime (spesso più che di regime si deve parlare delle fobie di un unico uomo: Josif Stalin) decide che alcune categorie di persone sono pericolose per il tessuto sociale. Di volta in volta quindi, ad ondate che prenderanno il nome di “purghe”, chi settimane prima era considerato persona per bene, giorni dopo doveva essere posto sotto processo e veniva isolato o addirittura eliminato. La discriminante variava a seconda degli anni e delle fobie di Stalin, e quindi ci fu il momento dei letterati, poi quello degli stranieri, poi quello dei tecnici, poi intere etnie o ceti sociali (lettoni, kulaki e via discorrendo, elencarli tutti sarebbe opera eccessiva per quest’articolo). In questo ribaltarsi delle situazioni capitò che chi era carnefice nei Gulag finì per diventare prigioniero, così come vi fu chi entrò nel Gulag come prigioniero e finì per diventare un comandante della struttura! E’ il caso di Naftaly Aronovitch Frenkel che che entrò nel Gulag delle isole Solovetsky per espletare la sua condanna a dieci anni di lavoro duro e divenne in seguito il comandante di quello stesso Gulag. (Rif 8)

Ežov Nikolaj Ivanovič, capo del NKVD, ovvero di chi decideva chi dovesse andare nei Gulag, finì per essere processato e fucilato con l’accusa di spionaggio e tradimento (Rif. 9), sorte anche peggiore capitò al suo predecessore, Genrich Jagoda che prima di venir fucilato venne pure torturato per estorcergli delle confessioni. Riassumendo mentre un “ariano” rimaneva ariano tutta la vita e mai avrebbe potuto finire in un lager (se non per situazioni quali tradimento o collaborazionismo con degli ebrei, ma queste sono da ritenersi eccezioni), nel regime sovietico non vi è una demarcazione netta tra chi sta dentro e chi fuori dai Gulag e l’interscambio tra carnefici e vittime è la chiara conseguenza di ciò.

.- Tortura per estorcere le confessioni, privilegio dei Gulag
Come sopra scritto, nei Gulag si entrava dopo aver subito un processo, processo durante il quale l’uso della tortura era cosa frequente e serviva per estorcere la confessione del reato all’imputato che spesso manco sapeva che cosa doveva dichiarare. Era anche un modo per favorire la delazione e informare i giudici di chi avesse idee critiche contro il sistema comunista. Chi finiva dentro i lager non doveva subire questo iter, il che non significa che la Gestapo o le SS non torturassero coloro i quali avessero, a loro giudizio, notizie interessanti da estorcere, ma la pratica era mirata, e non diffusa in modo sistematico come per gli sventurati cittadini sovietici. La tortura prima dell’internamento è quindi da considerarsi pratica specifica dei sovietici.

.- Gulag: pena a tempo determinato, lager no
Nei Gulag l’imputato entrava con una data di scadenza, superata la quale veniva rilasciato. E’ questo un altro corollario, tutt’altro che secondario, che distingue lo status di detenuto tra i due diversi sistemi di detenzione. Questo non significa che non si creassero situazioni in cui la pena veniva prorogata, come nel caso di tentativo di fuga o di ribellione, ma nei Gulag vi furono anche casi di amnistia, cosa che nei lager non fu mai contemplata, se non a fronte di eccezioni di cui non ho notizia.

.- I Gulag attraversarono più generazioni, i lager vissero solo l’epoca nazista
La struttura dei lager nasce ufficialmente con Dachau il 22 marzo del 1933 con la deportazione di sindacalisti e comunisti (gli ebrei arriveranno poi). Non fu Dachau il primo lager in assoluto del regime nazista, il triste primato spetta a Nohra, in Turingia vicino a Weimar, ma Dachau fu il modello che servì per tutti gli altri e con la sua dismissione, avvenuta il 29 aprile 1945 possiamo ritenere conclusa l’epopea dei campi di concentramento nazisti. La storia dei Gulag, per contro inizia già con Lenin che riteneva il lavoro un modo per far espiare le loro colpe ai ricchi borghesi capitalisti (1917) e quando iniziarono le cruente scaramucce all’interno del partito comunista, già all’indomani della rivoluzione d’Ottobre, sorsero i primi campi di detenzione forzata degli oppositori politici. Nel 1921 c’erano già 84 campi di detenzione sparsi in 43 provincie sovietiche. (fonte Applebaum). Sia chiaro che nei Gulag non confluivano solo gli antagonisti politici del Partito, ma anche i delinquenti comuni. I Gulag furono seriamente smantellati a partire dal 1987 da Michail Gorbačëv, nipote egli stesso di un detenuto di quest’arcipelago.

.- Gulag: ambiente fertile per strategie di sopravvivenza
Se nei lager gli internati erano ignari del perché si trovassero lì e quanto tempo vi dovessero rimanere, la stessa cosa non si può dire per gli internati dei Gulag, che sapevano quanto vi dovevano rimanere. Questo favoriva una sorta di “organizzazione interna” posta in essere dai detenuti che variava da campo a campo, ma che ha caratteristiche sicuramente più “strutturate” rispetto a simili situazioni che pure sono documentate nei lager, non ultimi nei campi di sterminio dove c’erano i Sonderkommando. So di non esser stato chiaro ed allora porto l’esempio delle molte donne che si fecero volontariamente fecondare nei Gulag per poter poi esser messe in maternità. L’esser gravide facilitava la ricollocazione in attività lavorative più leggere, senza contare che nel periodo imminente al parto si veniva ricoverate, facendo diventare la permanenza nei Gulag, per chi era oppresso e affamato, una sorta di vacanza. Anche le razioni alimentari aumentavano per le future mamme che potevano così allentare i perpetui morsi della fame cui tutti i detenuti soffrivano.

Per la stessa ragione tra i detenuti in alcuni Gulag, v’era chi si feriva volontariamente, per essere internato in infermeria, simulando incidenti sul lavoro. La pratica naturalmente era rischiosa, ma aveva una sua logica che poteva risultare “positiva” per taluni. Questa logica nei lager sicuramente non aveva ragione d’essere, chi era inabile per il lavoro, nei lager era pronto per essere incenerito. Nei Gulag la scelta di prostituirsi (valida sia per i maschi che per le femmine) ai guardiani o ai capi-detenuti, ovvero a coloro che potevano assegnare il tipo di lavoro, poteva essere una strategia che permetteva la sopravvivenza. Ricordiamo che lavorare in miniera nella Kolyma, o rimanere in cucina, quando d’inverno la temperatura scendeva sotto i 50° fa la differenza, e chi aveva una sua avvenenza poteva sfruttare questa virtù per sopravvivere.

Situazioni analoghe c’erano sicuramente anche all’interno dei lager (ho personalmente raccolto testimonianza dell’esistenza di prostituzione minorile, diciamo pure di stampo pedofilo all’interno di Auschwitz, ma il fatto non si può definire strutturato). Il punto è quello già ricordato, i detenuti dei Gulag sapevano quanto dovevano rimanere dentro il campo e cercavano un loro equilibrio sfruttando lo sfruttabile al fine di migliorare il loro benessere. A tal riguardo i più agevolati, paradossalmente, erano proprio i delinquenti comuni che erano da un lato più scaltri a spremere ogni possibile situazione provenendo dalla palestra della strada e dall’altro meno osteggiati da parte delle autorità che ritenevano più pericolosi gli intellettuali e i dissidenti.

La conseguenza di tutto ciò, presenza delle donne e dei bambini nei Gulag, l’assenza di una famiglia che potesse trasferire dei valori a queste giovani creature, la presenza e il potere in mano a chi si era costruito una carriera sull’assenza di scrupoli e sulla prevaricazione, alludo ai delinquenti di strada, favorisce un quadro di depravazione e lascivia ritenuto nauseante da parte di autori quali Aleksandr Solženicyn. Tale stato di decadenza e di depravazione tra detenuti non mi risulta fosse altrettanto diffuso all’interno dei lager tedeschi dove, però, era più diffuso l’abuso nei confronti dei prigionieri da parte delle autorità. La cosa naturalmente era fattibile anche in unione sovietica dove, però, i vessatori dovevano sempre star attenti a non esser denunciati, il ribaltamento della situazione era per loro sempre possibile.

.- I Gulag ed il fenomeno della tufta
La tufta, ovvero il far finta di lavorare, è un fenomeno tipico dei Gulag. Non voglio dilungarmi su questo punto che meriterebbe maggior approfondimento, ma il lettore deve comprender che i guardiani dei Gulag, ed i loro responsabili, sapevano che un eccesso di lavoro avrebbe portato al decesso il detenuto, privandoli così di forza lavoro utile per raggiungere i risultati produttivi richiesti dall’organizzazione centrale di Mosca. Il mancato raggiungimento di tali risultati poteva ribaltare la situazione facendo finire il carnefice in vittime. Non era sistematica quindi la complicità tra zec e controllori, ma il fenomeno era possibile, favorito anche dal fatto che tirar troppo la corda da parte dei guardiani significava facilitare insurrezioni, costringendo questi dipendenti statali a un lavoro extra non retribuito, dove magari, ancora, si finiva per venir puniti. La tufta era un fenomeno che variava da campo a campo, di periodo in periodo, ma presente nella realtà dei Gulag e di cui non ho notizie dentro i lager tedeschi.

.- Gulag, territorio fertile per le fughe
Solo nel 1933, riferisce la Applebaum citando una statistica che facilmente, lo afferma lei stessa, va presa con le pinze, risultano fuggiti più di 45.000 prigionieri, di cui solo una parte vennero ripresi. La realtà è che i Gulag nascevano senza chissà quale pianificazione e con scarse risorse per erigerli. Spesso si confidava nel fatto che le enormi distanze separanti i campi di lavoro da una qualsivoglia città, scoraggiasse i detenuti dalla fuga. Non sempre ciò avveniva, qualche temerario tentava la sorte, dovendo però risolvere il dilemma del viaggio, che d’inverno senza riparo non era certo una cosa agevole, ed il problema del cibo.

.- Gulag: strutture produttive inefficaci
Stiamo andando verso la fine di questa carrellata tra le differenze evidenziando ora come arrivò la stagione, per i burocrati sovietici, di conoscenza che come strutture produttive, i Gulag, non funzionavano. Altre realtà di lavoro non coatto avevano migliori rendimenti. Nacque quindi il problema di che cosa fare di quelle professioni, (le migliaia di guardiani e direttori di campi) che ricollocare in altre realtà risultava ostico. Lo smantellamento di questa realtà, quella dei Gulag, risultò per tanto rallentato, senza contare che la detenzione era pur sempre anche uno strumento per soffocare il dissenso interno al paese. La critica interna all’Unione Sovietica cresceva, il sogno del Comunismo come realtà che rendeva tutti felici dopo decenni di regime appariva ormai una mera chimera. Se la differenza a livello militare non era poi così ampia, rispetto all’antagonista americano, il divario nel tenore di vita dei sovietici da un lato e quello dell’americano medio dall'altro, cresceva di anno in anno.

Sempre più gente prendeva consapevolezza che fuori dall’Unione Sovietica si stava meglio, ed il malcontento e la voglia di contestare gli apparati burocratici cresceva. Il potere modificò quindi la strategia di soppressione dei dissidenti che venivano sempre più spesso internati in manicomi, della serie chi ci critica non ha il senno della ragione. L’esperienza dei Gulag però stava per volgere al termine con tutto il regime che l’aveva generato. Per contro non ho notizie che gli Arbeitslager (i campi di lavoro nazisti) fossero mai messi in discussione dei gerarchi nazisti. Va precisato che far lavorare i detenuti in Germania, che producessero tanto o poco era una scelta, per certi aspetti, obbligata: praticamente tutti i maschi in età utile erano utilizzati nelle operazioni militari e quindi altri si dovevano preoccupare di lavorare e di creare le infrastrutture che servivano anche a scopi militari.

.-Lager molto ricordati e studiati, Gulag pressoché sconosciuti (almeno in Italia)
Ogni anno il 27 gennaio si celebra la liberazione di Auschwitz, ed è il pretesto per parlare della sventura del popolo ebraico e degli orrori del nazismo. I Gulag, strutture simili a quelle tedesche, che operarono per un periodo molto più lungo, che internarono molte più persone sono pressochè sconosciute. La Applembaum riporta le presenza il primo gennaio nei vari campi a partire dal 1930 sino al 1953: trattasi di circa 35 milioni di persone. Inutile ricordare che numerosi Gulag erano funzionanti ben prima del 1930 e che ve n’erano anche dopo il 1953, eppure queste persone sono molto meno ricordate e studiate rispetto agli internati dei lager tedeschi. Una ragione a questa evidenza, lo confesso, non ce l’ho, e non so se questo fatto sia da porsi in correlazione con una sensazione che ho rilevato leggendo le mie fonti. Ve la esterno: mentre tutti coloro che son passati per i campi di concentramento nazisti han poi maturato un rifiuto verso quel regime e la sua ideologia, lo stesso non può dirsi per molti che furono internati nei Gulag.

Basti pensare che molti zec affermavano, scambiandosi opinioni l’un con l’altro: “… se Stalin lo sapesse di che cosa accade qui…!” nutrendo una fiducia assurda verso colui che, è storia ormai accertata, fu causa della loro deportazione. A conferma di ciò ricordo che a ridosso del secondo conflitto mondiale nei Gulag si procedette alla concessione di numerose amnistie, onde permettere a migliaia di prigionieri di andare al fronte a combattere contro i tedeschi. La sensazione che ho ricavato è che praticamente tutti erano orgogliosi di ciò, e chi non poteva difendere la patria al fronte perché rinchiuso in un Gulag, anziché essere contento di non dover rischiare la vita, al contrario si sentiva un traditore. Non mancano i casi di chi liberato dalla detenzione, andò a combattere per poi venir riaccusato di qualche malaffare e venir riportato dentro un Gulag.

Ecco, tra le cose che mi hanno stupito vi è anche questa: come può chi è stato perseguitato per le sue idee, andare a difendere la struttura che lo ha rinchiuso? Come potevano i russi avere una tale fiducia nel loro leader? Certo, mi si risponderà, la forza della propaganda, se vogliamo la stessa forza che fece tenere in piedi il Fϋhrer, ma chi è stato internato nei Gulag, che aveva vissuto sulla sua pelle i peggiori soprusi ed aveva ascoltato testimonianze da brividi, come poteva nutrire ancora un barlume di fiducia nel sistema che l’aveva oppresso? Questo non lo so dire.

Mirco Venzo, Treviso 11/04/2018 #qzone

rif. 1 http://www.qzone.it/index.php/q-themes/mirco...
rif. 2 https://www.ibs.it/gulag-storia-dei-campi-di-eb...
rif. 3 https://www.ibs.it/arcipelago-gulag-libro-aleks...
rif. 4 https://it.wikipedia.org/wiki/Soluzione_finale_d...
rif. 5 http://www.qzone.it/index.php/q-themes/mirco-...
rif. 6 https://it.wikipedia.org/wiki/Massacro_di_Katy...
rif. 7 http://win.storiain.net/arret/num183/artic7.asp
rif. 8 http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/...
rif. 9 http://www.treccani.it/enciclopedia/nikolaj-ivan...
rif. 10 https://it.wikipedia.org/wiki/Genrich_Grigor%...

 

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