Sala piena anche questa sera all’auditorio delle Stefanini per la serata a tema Media e Verità indetta da Pensare il presente. Francesco Paparella, uno degli organizzatori, professore all’istituto Canova di Treviso introduce la serata spiegando che sino agli anni 70 l’idea di verità per la filosofia era una cosa ritenuta univoca, ovvero, per come l’ho interpretato io il concetto, una cosa o è vera o non lo è. Pensatori quali Jacques Derrida e Jean-François Lyotard hanno invece aperto le porte all’idea di una verità plurale. Lucio Cortella, insegnante di Storia e Filosofia moderna e contemporanea ha in un qualche modo ripreso e ampliato i concetti espressi del precedente relatore. Nell’antichità la verità era il tentativo di raggiungere un obiettivo, se così posso tradurre il pensiero dell'oratore, cui non tutti potevano ambire.
Essa era frutto di un percorso che richiedeva preparazione e capacità, in una parola solo alcuni tra i molti, potevano raggiungere la vetta e di li vedere l’orizzonte, pur con le difficoltà del caso. Ma la vetta, mi si permetta il paragone, era una. Questa idea di verità assoluta e univoca fu la causa delle guerre di religione, guerre molto cruente proprio perché non lasciavano spazio a pluralità di vedute. Da questo conflitto, ci spiega il docente, nasce la scienza moderna e, di conseguenza, la crescita che ha caratterizzato l’Europa. Si esce da una visione aristocratica della verità per avvicinarsi ad un’idea democratica della stessa. Karl Popper svolgerà un ruolo chiave per spiegare questo concetto, la scienza dev’esser sempre pronta a rispondere agli attacchi più disparati che sono lei portati da chi la vede in modo alternativo, per soccombere se la nuova idea prende il sopravvento. Il progresso è figlio di questo processo, ad esempio per un certo periodo era il sole che girava attorno alla terra, idee successive riuscirono a dimostrare che era vero il contrario.
L’idea dominante deve accettare le critiche, per potere loro replicare dimostrando la loro inattendibilità, così come in democrazia tutti devono poter esprimersi, devono esserci più protagonisti, con il rischio che si formi una nuova maggioranza che subentra alla vecchia. Il relatore entra con questo concetto nel tema delle notizie false (non amo usare il termine fake news); la notizia falsa si smaschera rendendola pubblica, mai censurandola. Si deve commentare l'informazione, spiegarla, e se è veramente una bufala, alla fine finirà per diventare grottesca e cadrà nel dimenticatoio. Al contrario se continua a girare nell’ombra ci sarà sempre chi la ritiene una “verità per pochi”, quindi comunque una verità. Il Prof. Cortella ha tenuto a precisare che se questo processo dal punto di vista filosofico non presenta controindicazioni, dal punto di vista sociale vi sono delle leggi che devono essere rispettate e che trovano ragione d’essere. Uno non può dire ciò che vuole perché “Siamo liberi”; ci sono interessi e persone che possono essere danneggiati da false informazioni ed è giusto che la legge persegua questi reati, pur nella consapevolezza che si è in un terreno spinoso.
Silvia Madiotto, ha illustrato al pubblico come un giornalista a differenza di molti che scrivono in rete (e stava parlando anche di me) verifichi e riverifichi le notizie. E’ la professionalità che ti porta a trasformare l’informazione in notizia, dove la differenza sta nel fatto che la notizia è vera, mentre l’informazione può essere vera, verosimile o falsa. Il pubblico, almeno nei primi interventi, non ha molto gradito quest’affermazione e ha fondamentalmente contestato la veridicità delle notizie che escono dai media. L’intervento più accalorato ha detto “Mi aspettavo che in una conferenza, dove i media contrapposti alla verità si presentassero come uno squalo di fronte ad un donatore di sangue…” In bella sostanza anziché tenere disgiunte le due entità antagoniste, le ritrovo affiancate, presentando addirittura il giornalista come dispensatore di notizie veritiere. Non ha usato queste parole lo spettatore, ma così mi sento di riassumere il suo pensiero anche alla luce della sua affermazione finale: “l’unica soluzione è diventare analfabeti”!
L’idea che porto a casa dalla serata è che la pluralità di pensiero è importante come la pluralità di notizie. Spetta al fruitore soppesarle e vagliarle in un processo che è interminabile, e però se la pluralità d’informazioni viene a mancare causa la censura, la crescita sociale e scientifica s’interrompe e si entra in decadenza. Progresso sociale, pluralità d'informazione e democrazia, sono entità che devono camminare di concerto. Permettetemi di chiudere con una verità incontrovertibile: riassumere le serata di Pensare il presente è cosa estremamente difficile, Qzone ci prova, anche per lasciare una traccia di queste interessanti serate.
Mirco Venzo, Treviso 25/03/2017 #qzone