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20170315 VM FilosoficoE’ il titolo dell’incontro proposto ieri sera all’auditorium Luigi Stefanini (Treviso centro) organizzato sia dalla Società Filosofica Italiana - sezione trevigiana Laura Coccioli, che da Imagonirmia di Elena Mantoni. Pensare il presente è il titolo della serie di conferenze (rif 1) già iniziate da qualche giorno. Ieri ad affrontare il tema Ricchezza e felicità vi erano tre relatori, il sociologo Giuseppe Manildo, il filosofo Paolo Scroccaro e l’esperto di Medioevo Francesco Paparella. E’ proprio quest’ultimo ad iniziare l’esposizione raccontando come, nell’epoca di mezzo, i pensatori del tempo si ponessero di fronte al tema della felicità.

La sintesi è molto semplice, la felicità si concretizzava nell’amare e nell’approfondire la conoscenza di Dio (cristiano, inutile specificarlo). Come rapportarsi nei confronti della ricchezza era un tema molto dibattuto e controverso tra i pensatori dell’epoca, a causa di alcune frasi evangeliche quali Matteo (6,24-34) che riporto testualmente: “In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza”. Il problema è che l’istituzione notevolmente più ricca dell’epoca era proprio la Chiesa Cattolica e il Papa, i cardinali ed i vescovi avevano un tenore di vita molto differente da quello che i Vangeli narrano avesse Cristo. Questa constatazione arrivava con particolare forza dall’ordine dei francescani, mentre Papa Giovanni XII, detto il “Papa banchiere”, fu particolarmente fermo nel difendere gli interessi materiali della Chiesa. Ne Il nome della Rosa di Umberto Eco si dà ampio spazio a questa diatriba.

Interessante notare come l’avarizia fosse considerata, all'epoca, il più stupido tra i peccati. Vivere per accumulare ricchezza non solo è disdicevole, tanto da portare all’inferno, ma rispetto al peccato di gola ha nuove controindicazioni: l’avaro non ha mai appagamento, al contrario del goloso che più mangia e più si avvicina alla sazietà. La loro sorte ultraterrena sarà tetra in entrambi i casi, ma mentre uno almeno nella vita terrena se l’è spassata, l’altro è destinato a soffrire sia in cielo sia in terra. In bella conclusione è proprio uno stolto. Questa è solo una delle pillole elargite da Paparella.

Giuseppe Manildo ha incentrato il suo intervento su Niklas Luhmann, studioso che vedeva la società imperniata sulla “comunicazione”. Senza comunicazione non esiste nessun sistema sociale. La ricchezza materiale è uno degli strumenti per creare relazioni (o se vogliamo per comunicare) e la circolazione della stessa inserisce l’individuo nella comunità, favorendo il raggiungimento di un benessere psichico assai simile a quello descritto nel medioevo quando i ricchi dovevano, attraverso elargizioni, elemosine o donazioni (alla Chiesa o ai poveri), far circolare quanto acquisito. Il denaro, come la parola, ha valore se è scambiato, se viene posto in circolo, ovvero se crea società.

L’ultimo ad esporre è stato Paolo Scroccaro che pone subito una domanda al pubblico: “Qual è la fonte della ricchezza?"  Nell'articolare la risposta si decide la strada per raggiungere o quanto meno avvicinarsi alla felicità. Se ai tempi di A. Smith e di K. Marx (XIX secolo) la replica poteva essere “Il lavoro” oggi sappiamo che il lavoro, senza le materie prime fornite dalla natura come il legno, i minerali, l’acqua, l’ossigeno… può nulla.  La nostra “felicità”, il nostro benessere, sono correlati al benessere e alla salute dell'ambiente naturale di cui siamo parte integrante. Ambiente purtroppo oggi, proprio a causa delle azioni umane, in profonda crisi. Sembra che molti economisti e molti politici, afferma il relatore, non se ne rendano conto. Karl William Kapp è l’autore su cui più si è soffermato.

I temi non sono stati trattati con approccio didattico. Ognuno dei relatori avrebbe avuto bisogno di svariate ore per aiutare il pubblico di normale cultura, quale mi sento parte, ad entrare in profondità nei rispettivi argomenti. Tuttavia le numerose persone son parse soddisfatte ed interessate, come confermato dalle domande sorte al termine delle esposizioni. Quella in cui più mi sono riconosciuto è stata espressa da una signora che ha ricordato come sessantadue uomini siano proprietari da soli di metà della ricchezza del pianeta. Questo sanciscono le ultime statistiche, facendo comprendere come raggiungere la felicità paia estremamente difficile per la stragrande massa della popolazione umana, se una simile sperequazione non dovesse essere modificata. Il dramma è che questa contrazione di ricchezza pare vada ad implementarsi di anno in anno.

Nel tragitto di rientro la mia amica Francesca mi faceva notare come una metà circa dei presenti fosse di sesso femminile, replicando alle osservazioni scritte in un mio precedente articolo. (Rif 2) “Questo rafforza la mia critica” - ho sostenuto – “perché se molte donne, (di età trasversale per altro, equamente distribuite tra giovani/giovanissime, adulte e anziane) si occupano di temi affatto banali quali quelli trattati durante la conferenza, la conseguenza concreta dovrebbe essere poi un impegno politico per realizzarle queste idee”. Ci siamo trovati concordi nell'affermare che il passo antecedente l’azione è la nascita dell’idea. Prima si pensa una cosa e poi la si può, eventualmente, concretizzare. Nulla di umano nasce senza prima averlo pensato. Gli incontri proposti dal festival filosofico "Pensare il presente" sono attuati proprio a questo scopo, anche questo abbiamo di concerto convenuto e non senza una certa soddisfazione. Un plauso quindi ai relatori ed agli organizzatori di questa interessantissima e variegata serie di conferenze.

Mirco Venzo, Treviso 14/03/2017 #qzone

P.S. Il linguaggio utilizzato dai relatori è stato molto tecnico. Per ragioni di sintesi ho cercato di riassumere gli aspetti più significativi. Se in questo processo avessi malauguratamente alterato qualche concetto, chiedo venia.  

Rif 1 http://www.pensareilpresente...
Rif 2 http://qzone.it/index.php/q-th...

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