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20170604 VM ddr cartinaPrivatizzazioni e dati demografici tedeschi.

Vengo ora a parlare di quello che potrebbe (uso il condizionale) essere uno dei veri obiettivi di tutto il processo, la privatizzazione delle aziende DDR che vennero tutte inglobate in una fiduciaria incorporante, tra l’altro, anche il patrimonio forestale della ex Repubblica Comunista. Il condizionale sopra usato è d’obbligo perché non deve sfuggire al lettore anche una importante valenza politica: con quest’operazione la Germania torna ad essere leader in Europa, obiettivo da sempre ambito dalle elite teutoniche. Sostenere quindi che le logiche economiche fossero prevalenti su quelle politiche è comunque un’operazione azzardata.

Questa fiduciaria si ritrova a gestire 8500 tra combinate ed imprese, 20.000 esercizi commerciali, 7.500 trattorie e ristoranti, 900 librerie (notare il rapporto tra ristoranti e librerie, Giacchè evidentemente simpatizzante di una certa filosofia sottolinea come adesso, se uno va in quei territori, di librerie quasi non ne trova più ndr) 1800 farmacie…

Si ferma qui nella elencazione di ciò che era confluito in questa società liquidatrice che, per legge, ha l’obiettivo di privatizzare la proprietà del “Popolo”. Nel giro di quattro anni si è privatizzato tutto l’apparato industriale di un paese. In una simile situazione è chiaro che il prezzo lo stabilisce il compratore. Giacchè sottolinea come le privatizzazioni italiane siano state una cosa molto triste ma se comparate a quelle tedesche risultino un capolavoro di introiti per lo Stato; alcune società saranno svendute per la simbolica cifra di un marco, allegando per altro contributi statali per favorire il compratore, ovvero dei trasferimenti che finirono comunque per approdare nelle mani dell'acquisitore occidentale. Queste aziende furono cedute attraverso una trattativa privata (ovvero non ci fu neppure un asta per poterle acquisire. Sono poi i tedeschi che spiegano ai nostri politici, o a quelli greci, come gestire il patrimonio pubblico ndr).

Grazie a questa metodologia di privatizzazione l’87% delle imprese finiscono in mano a ditte tedesche dell’ovest, solo un 7% di queste aziende finisce in mano a ditte straniere mentre il restante 6% viene assegnato a cittadini dell’est. Il collasso che si verifica nella ex Repubblica Democratica è significativo anche in considerazione al fatto che nessun altro paese uscito dal comunismo paga costi sociali così ingenti, cosa quanto mai strana se si considera che assieme alla Cecoslovacchia, le aziende della DDR erano le più apprezzate nel panorama di economia pianificata. Non lo dice Giacchè, ma ritengo utile ricordare che l’URSS, con tutti i suoi difetti, è stata comunque per un certo tempo la seconda economia al mondo, tale anche tecnologicamente, da competere militarmente con gli USA e tale da contendere agli americani le imprese spaziali.

Insomma, ad un marco non si stava vendendo la tecnologia delle aziende del Ciad o della Mauritania, con tutto il rispetto per i due paesi africani ndr. Da buon economista Giacchè fa notare non solo come il crollo del PIL sia stato superiore a quello degli altri territori che si son votati al libero mercato dopo l’esperienza comunista, ma la crescita successiva è mediamente molto meno sostenuta dei vicini di casa. Sintetizzando: quei lavoratori che erano tra i migliori del loro gruppo, gestiti dai politici dell’ovest sono risultati i peggiori in assoluto. Tutt’ora – venticinque anni dopo - la produzione di quel area geografica, anche dopo gli “investimenti” e il management più evoluto, così si può ipotizzare quello del paese tecnologicamente più avanzato al mondo, è inferiore a quello prodotto durante gli anni comunisti.

Le statistiche, sottolinea lo studioso, si fanno furbescamente partire dal 91, ovvero dal picco più basso cui furono costretti quei territori, in modo tale che si possa far apparire un “miracolo” economico un evento che invece è, ancor oggi, catastrofico. Tutto ciò naturalmente ha anche conseguenze demografiche: s'innesca un’emigrazione da est a ovest che genera un enorme spopolamento delle città che oscilla da caso a caso da un terzo ad una metà. Per ciò si è costretti ad abbattere delle case per tener alto il mercato immobiliare. Ad un certo punto c’erano più di un milione di immobili vuoti. Mi si permetta una postilla, per elevare il valore degli immobili, si tolgono dal mercato quelli non utilizzati, cosa simile a quanto accadeva con le arance del nostro meridione, ma soprattutto facendo l’opposto di quanto avviene con gli emigranti che in modi oggi sotto indagine, vengono fatti sbarcare in Italia e in Europa. Tutta questa gente rappresenta quello che Marx chiamerebbe “l’esercito di riserva” ed ha la stessa funzione degli immobili sfitti nella ex DDR o delle arance: tengono giù il prezzo/valore anche di quelli che sono occupati. Piaccia o meno, le leggi economiche valgono sempre, anche per il mercato del lavoro, mercato del lavoro che a differenza delle arance crea danni umani, come questo articolo cerca di evidenziare.

Ed eccoci a parlare delle persone, questo esodo porta ad aver tassi di anzianità chiaramente molto elevati nella ex DDR; i giovani sono andati ad ovest. I giovani rimasti per altro, non stanno facendo figli, implementando con questo comportamento, la tendenza ad invecchiare della popolazione tedesca. Questo da un lato è logico, da bravi occidentali la pianificazione della prole si lega alle prospettive di farla crescere adeguatamente e ciò si radica su una situazione economica favorevole e non incerta come quella descritta; ma da un altro punto di vista la cosa invece è atipica, prima dell’unificazione nell’est i tassi di natalità erano leggermente più sostenuti di quelli del ovest, 1,4 contro 1,3. Oggi i dati parlano di un 0,89 di gran lunga inferiore al tasso di riproduzione che vien stimato del 2,1. Conseguenza diretta di questa evidenza statistica è a parere del Prof Bagnai (è sostenuto in altri video) una posizione favorevole della Germania ad accogliere la forza lavoro, (leggi immigrati), da altri paesi.

Queste statistiche sulla natalità attestano come la Germania sia il Paese peggio posizionato dal punto di vista demografico, loro più di altri necessitano di nuova forza lavoro e di giovani. Confrontando queste cifre con i riferimenti storici notiamo che un tale disastro di natalità va a competere con la guerra dei trent’anni o con il 1915, periodo in cui tutti i maschi tedeschi erano al fronte.

Mirco Venzo, Treviso 05/05/2017 #qzone

 

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